A pochi giorni dalla conclusione dell’anno scolastico, il personale della scuola oggi ha scioperato contro le novità in tema di formazione, reclutamento, salario e carriera varate dal governo con il Decreto Legge 36/22. “Misure inaccettabili” le avevano definite le organizzazioni sindacali, prima di arrivare a proclamare il primo sciopero unitario nel settore dal 2015.
“Quando un governo fa un decreto lo fa perché non vuole discutere con nessuno e io credo che questo sia un gravissimo errore” perché “i cambiamenti nella scuola li devi fare con le persone che, nella scuola, ci lavorano”. Si tratta di un “errore perché diventa un elemento di supponenza di chi crede di sapere senza bisogno di confrontarsi” ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini. La protesta è stata indetta da FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams. Quattro le richieste principali dei sindacati al governo: 1) Stralciare dal decreto tutte le disposizioni che invadono il campo della contrattazione, dalla formazione agli aspetti economici e normativi che riguardano il rapporto di lavoro; 2) Rivalutare nel nuovo contratto le retribuzioni: più risorse nella legge di Bilancio e no a un sistema a premi per pochi; 3) Dare stabilità al lavoro e rafforzare gli organici invece che tagliarli, con un sistema di reclutamento che assicuri la copertura dei posti vacanti e preveda opportunità di stabilizzazione per i precari; 4) Riconoscere la professionalità di chi lavora nella scuola come risorsa fondamentale: mettere in sicurezza le scuole, ridurre gli alunni per classe.
“Oggi siamo con le lavoratrici ed i lavoratori della scuola in sciopero per rivendicare il diritto a un contratto con incrementi retributivi adeguati, formazione, progressioni, stabilità per i precari, investimenti seri – ha detto il segretario Cisl Luigi Sbarra -. No al taglio di 9600 cattedre. Il DL 36 va cambiato”. “Abbiamo un contratto scaduto da 3 anni e 5 mesi per il cui rinnovo il Governo ha stanziato la cifra irrisoria di 40-50 euro mensili di aumento. Una vergogna che offende chi alla scuola dedica tutta la propria professionalità – ha detto invece Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda -. I docenti e tutto il personale della scuola meritano molto più”. Secondo il dirigente sindacale, “il decreto pasticciato con cui il Governo pretende di riformare il sistema di reclutamento e formazione aumentando l`orario di lavoro dei docenti senza retribuirlo e imponendo una formazione di Stato, in contrasto con la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione”.
In sostanza, per i sindacati il Dl 36/22 “invade i campi della contrattazione in materia di reclutamento e formazione: capitoli che dovrebbero essere, appunto, regolati tra le parti. Quella disegnata dal decreto è una formazione tra l`altro finanziata con un cospicuo taglio di personale (10 mila unità), mentre le nuove modalità di reclutamento – oltre a dare un nuovo impulso al mercato dei crediti – non lasciano nessuna possibilità di stabilizzazione per i precari, quelli che da anni hanno permesso alle scuole di andare avanti. Il tutto, tradendo lo spirito del Patto per la scuola, siglato un anno fa, che invece ‘prometteva’ scelte condivise. Infine sul contratto – concludono i sindacati – le cifre stanziate sono assolutamente insufficienti per dare una risposta dignitosa all`impegno del personale della scuola”.
“Col Pnrr stiamo investendo 17,5 miliardi nella scuola – ha detto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, commentando lo sciopero -. Di cui 10 miliardi in infrastrutture, 2 miliardi nel digitale e 5 miliardi nella qualità della didattica. Ricordo poi, un miliardo e mezzo per intervenire sul problema delle differenze che esistono ancora nelle diverse parti del paese”. “Diciassette miliardi e mezzo non si sono mai visti nella scuola – ha aggiunto il ministro – dopo di che se si dice che non sono sufficienti per raggiungere i 40 mila edifici che abbiamo in Italia è vero. Ma – ha concluso Bianchi – stiamo cominciando alla grande ed abbiamo già distribuito 10 miliardi, dei quali oltre 4 miliardi per la scuola dell’infanzia e per i nidi visto che le differenze iniziano di lì. Ripeto, occorrerebbe fare molti di più, ma non è mai stato fatto un intervento di questo tipo nella nostra scuola”.