Rischia di trasformarsi in uno scontro istituzionale tra politica e magistratura la richiesta d’incontro fatta dal vicepremier e segretario della Lega, Matteo Salvini, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un incontro – con il Capo dello Stato impegnato all’estero – che Salvini avrebbe voluto già domani ma che non è stato confermato dal Quirinale. In serata Salvini ha detto di aver formalizzato la richiesta al Colle; la Lega ha precisato che “sono in corso contatti con il Quirinale” e che “al rientro dalla missione dalla Lituania” di Mattarella “ci sarà la possibilità di individuare una data per l`incontro”.
Salvini si è appellato al Capo dello Stato in quanto “garante della Costituzione e dei diritti chi cittadini” e lo ha chiamato a prendere posizione su quello che considera “un processo politico, una sentenza politica” emessa per “mettere fuorilegge un partito per (eventuali) errori di altri risalenti a 10 anni fa”. Il riferimento è alla recente sentenza della Cassazione di ammissibilità del sequestro dei 49 milioni di finanziamento pubblico alla Lega Nord, frutto della truffa allo Stato costata in primo grado la condanna all’ex leader Umberto Bossi e all`ex tesoriere Francesco Belsito. Soldi, replica la Lega, che non ci sono, “non avendo conti segreti all’estero ma solo poche lire in cassa visto i sequestri già effettuati”. Anzi, sul tema la Lega minaccia “decine di querele” nei confronti “di chi parla a sproposito dei soldi rubati dalla Lega”.
Per ora però, secondo fonti vicine a Salvini, l’intento è di far presente “una situazione che la Lega giudica ingiusta ma senza sparare a zero contro tutta la magistratura”. “So che già in passato (Mattarella, ndr) seguì la vicenda – ha detto in serata Salvini – e so che è sensibile al fatto che ci sia diritto di parola e libertà di espressione e di azione politica per tutti”. “Sarà Mattarella a decidere se ci sono in ballo la libertà di espressione e la democrazia o se è tutto normale. Non sarò io a decidere”, aveva detto in giornata Salvini. Evocare l’intervento del Capo dello Stato, che presiede tra l’altro anche il Consiglio superiore della magistratura, però, ha replicato l’Associazione nazionale magistrati, “risulta essere fuori dal perimetro costituzionale” e “rischia di produrre effetti distorsivi sui precisi confini, fissati dalla Costituzione, tra la magistratura, autonoma e indipendente, e gli altri poteri dello Stato. I magistrati non adottano provvedimenti che costituiscono attacco alla democrazia o alla Costituzione, né perseguono fini politici”.
La questione potrebbe avere ripercussioni anche all’interno dell’alleanza di governo con il Movimento 5 Stelle, che ha sempre messo la legalità e il rispetto della magistratura come elemento cardine della propria politica. “Una sentenza è una sentenza”, ha commentato il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, pur chiarendo che a lui la vicenda “non crea imbarazzo perché riguarda lo scandalo di Bossi e del suo cerchio magico, non quello dell’attuale Lega”. Sulla questione ha puntualizzato anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, secondo cui se da una parte tutti devono potersi difendere fino all’ultimo grado di giudizio, dall’altra le sentenze vanno rispettate senza evocare scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica.
Dopo l’immigrazione, per la Lega il prossimo campo di battaglia potrebbe essere proprio quello della giustizia. Lo suggerisce la sortita, sempre oggi, dei capigruppo della Lega alla Camera e al Senato e del sottosegretario alla Giustizia Jacopo Morrone, che in una dichiarazione congiunta hanno affermato: “Sarebbe ora che non ci fossero più ‘correnti di sinistra’ né di nessun genere tra i magistrati, che dovrebbero essere imparziali”. Sullo sfondo, nelle prossime settimane, si profila il braccio di ferro per il rinnovo degli otto membri laici del Csm, con la prima votazione del Parlamento in seduta comune fissata per il prossimo 19 luglio. Difficilmente in quella data si avranno già i nuovi eletti, ma potrebbe essere la prima occasione per sostituire, dopo l’estate, i membri uscenti con personalità “d’area”, vicine ai due partiti di governo. Magari tutti. askanews