Scontro Pd-Conte sul Lazio, sempre più tensione tra opposizioni

In Lombardia stessa musica. A rischio anche l’intesa sulle commissioni di garanzia

Giuseppe Conte e Enrico Letta

E’ sempre più caos tra le opposizioni, dopo lo strappo dei centristi in Lombardia – con la candidatura di Letizia Moratti – arriva lo schiaffo di Giuseppe Conte nel Lazio, con il leader M5s che presenta una sorta di ultimatum al Pd. Diktat che viene respinto con durezza dal Nazareno, ma che agita i democratici, perché nel partito sono in molti che spingono per riaprire un dialogo con i 5 stelle. Una tensione che, tra l’altro, rischia di complicare anche l’elezione dei presidenti delle commissioni di garanzia, che spettano alle opposizioni ma sulle quali – allo stato – non si vede ancora un accordo definito. Quel “no al termovalorizzatore” di Conte fa arrabbiare Letta, anche se il segretario Pd non è rimasto affatto sorpreso dalla mossa del leader M5s. “Conte ha ormai una ossessione per il Pd – attaccano dal Nazareno – sembra proprio che non riesca a realizzare che l’avversario è la destra”. E poi: “Oggi da lui sono arrivati toni e argomenti intrisi di durezza e carichi di rancore e astio. L’impressione è che semplicemente non voglia cercare convergenze e si appresti a una corsa solitaria”.

Nel Lazio è tutti contro tutti

Domani Letta farà il punto con Francesco Boccia, Nicola Zingaretti e il segretario del partito del Lazio Bruno Astorre. La candidatura di Alessio D’Amato, a questo punto, sembra la più logica, come spiega un dirigente del partito: “E’ il nome indicato da mezzo Pd e gradito al terzo polo, a questo punto non hanno senso le primarie”. Ma non tutti la pensano così tra i democratici, Nicola Zingaretti da settimane ripete che si deve cercare in tutti i modi di conservare la maggioranza – da M5s a Calenda – che attualmente governa la regione. E come dimostra l’uscita di Marco Miccoli, ex deputato ed esponente del Pd romano, la replica del Nazareno a Conte non è piaciuta a chi punta a riallacciare un dialogo con i 5 stelle: “Anziché far parlare presunte ‘fonti del Nazareno’, sarebbe necessario aprire una riflessione seria sulle proposte di Conte per il Lazio”. D’altro canto, Azione e Iv non accetteranno di partecipare a primarie nel Lazio. “Le primarie? Con Fratoianni e Bonelli? Il centrosinistra per noi non c’è più, noi abbiamo detto che siamo pronti a sostenere D’Amato, un uomo del Pd. Se sono d’accordo ok, ma noi le primarie non le facciamo”.

Lombardia, Pd esclude ipotesi Moratti

Il clima non è migliore in Lombardia, dove un pezzo di partito non vedrebbe male l’idea di aprire un dialogo con la Moratti. Ipotesi però esclusa dal vertice Pd. Il nome più quotato, al momento, sarebbe quello del sindaco di Brescia Emilio Del Bono: “Ma in quel caso non si dovrebbero fare le primarie”, dice un parlamentare democratico. “Lui può essere il candidato giusto, ma deve essere indicato da tutti, non credo ci starebbe ad andare ad una conta”. Solo due giorni fa, però, il Pd lombardo aveva annunciato le primarie per la scelta del candidato. Una rissa tutti contro tutti – o meglio: tutti contro il Pd – che rischia di trasformare in una lotteria anche l’elezione dei presidenti delle commissioni di garanzia. In teoria, l’intesa di massima siglata tra Pd e 5 stelle prevede un democratico al Copasir e la Vigilanza a M5s. Ma anche su questo Conte oggi ha detto la sua, chiedendo “discontinuità”.

In discussione l’accordo sulle commissioni

Frase che è sembrata uno stop ai due nomi più accreditati del Pd per il Copasir, Lorenzo Guerini e Enrico Borghi, entrambi `veterani’ del Comitato di controllo sui servizi segreti. In molti hanno letto nelle parole del leader M5s un endorsement a Francesco Boccia, che i rumors di transatlantico citano da giorni come possibile terzo nome per il Copasir. Ma i democratici, secondo quanto si apprende da diverse fonti parlamentari, dovrebbero ufficializzare nelle prossime ore proprio i nomi di Guerini e Borghi per i due posti nel Copasir che spettano al Pd. La scelta del presidente, quindi, dovrebbe ricadere su uno dei due. Il timore è che M5s possa arrivare a mettere in discussione anche l’accordo sulle commissioni, se i democratici non indicheranno un nome gradito. Un parlamentare democratico spiega: “Vediamo. Diciamo che come ha retto l’accordo sugli uffici di presidenza delle Camere ci aspettiamo di trovare un’intesa anche sul Copasir e Vigilanza”. Ma a complicare ancor di più le cose c’è il terzo polo, che rivendica una presidenza. Ci sono tutti i presupposti per un nuovo “caso Villari” come nel 2008, quando la maggioranza di centrodestra votò alla presidenza della Vigilanza un esponente Pd che non era stato indicato dal proprio partito.