Sotto le braci dello scontro di lunedì tra forze cinesi e indiane, in cui sono morti almeno 20 soldati di Nuova Delhi, continua a bruciare il fuoco di un conflitto frontaliero sul tetto del mondo che avvelena ulteriormente i rapporti tra i due più popolosi paesi del mondo, entrambi dotati di armi nucleari e di eserciti potenti e addestrati. Oggi il portavoce del ministro degli Esteri indiano Anurag Srivastava è tornato sull’argomento, dopo una serie di abboccamenti con i quali le diplomazie hanno cercato di riportare sui binari del dialogo il conflitto, per respingere le rivendicazioni cinesi – ribadite ancora ieri – sulla valle di Galwan come “esagerate e insostenibili”.
Lo scontro di lunedì è stato selvaggio. La BBC ha confermato l’autenticità di un’immagine che ha ricevuto da un ufficiale indiano, la quale mostrerebbe i bastoni chiodati con i quali i soldati indiani sarebbero stati attaccati. Dietro la stranezza di uno scontro avvenuto con mazze chiodate, tra due potenze militari che di certo non mancano di sistemi d’arma sofisticati, c’è un accordo firmato nel 1996 dalle due parti nel quale si sono impegnati a non usare armi da fuoco lungo l’indefinito confine.
Non è chiaro ancora oggi se e quante vittime debba lamentare la parte cinese. Notizie apparse sui media indiani, ma non confermate, hanno parlato di 40 soldati della Repubblica popolare morti. Insomma, in ogni caso si è trattato di un incidente importante, che ha segnato i primi morti dopo la breve guerra del 1962 tra i due giganti asiatici. I ministri degli Esteri – Wang Yi per la Cina e Subrahmanyam Jaishankar per l’India – hanno avuto una conversazione telefonica, ma questo fatto non sembra aver ammorbidito le posizioni. L’India ha continuato ad accuare la Cina di aver messo in atto un’azione violenta “premeditata e pianificata”. La Cina ha invitato Nuova Delhi a evitare d’ora in poi altre azioni provocatorie.
La valle di Galwan si trova nella zona del Ladakh, all’interno della più ampia provincia del Kashmir. L’India, che poclama la sua sovranità anche su circa 40mila kmq di territorio occupato dalla Cina, ha accusato Pechino di aver inviato migliaia di soldati nell’area contesa. Le vittime di lunedì – come già segnalato – parrebbero essere le prime in questa disputa, almeno dopo la guerra frontaliera tra India e Cina del 1962, in cui Pechino ebbe la meglio. Questo non vuol dire che non vi siano stati scontri lungo la tenue Linea dell’attuale controllo (LAC) che divide le forze dei due giganti lungo questo vago confine di quasi 3.500 km sul tetto del mondo. A peggiorare le cose anche la decisione indiana di costruire una nuova strada nel Ladakh, che Pechino ha visto come una minaccia.
Dietro questo conflitto, che parrebbe molto ordinario ma che potrebbe avere conseguenze geopolitiche importanti visti i soggetti coinvolti, ci sono le diverse politiche regionali di due giganti che si vedono evidentemente come rivali, economici e politici. La situazione è quindi tutt’altro che stabile e nessuna delle due parti sembra impegnata in un serio sforzo di de-escalation. Lo dimostra anche il fatto che la Cina sta facendo (e propagandando) importanti manovre militari nel Tibet, non lontano dall’area contesa. askanews