Un sistema binario formato da una pulsar e una stella di neutroni in orbita stretta l’una attorno all’altra è stato scoperto analizzando i dati raccolti, nell’ambito del programma High Time Resolution Universe, dal radiotelescopio da 64 metri di Parkes, in Australia. Fra gli autori della scoperta – presentata al simposio IAU di Jodrell Bank (UK) dedicato al cinquantennale della scoperta della prima pulsar – anche Andrea Possenti e Marta Burgay dell’Inaf di Cagliari. A cinquant’anni esatti dalla scoperta della prima pulsar da parte di Jocelyn Bell e Antony Hewish (quest’ultimo insignito del premio Nobel per la Fisica nel 1974), – scrive l’Inaf – un team internazionale di astrofisici, del quale fanno parte anche Andrea Possenti e Marta Burgay dell’Inaf di Cagliari, ha individuato il sistema binario più estremo che si conosca fra quelli che contengono questo tipo di oggetti: nel caso specifico, una pulsar e una stella di neutroni in orbita l’una attorno all’altra. Nel punto di massimo avvicinamento – che si ripete ogni 4.4 ore – la pulsar e la sua compagna vengono a trovarsi così vicine che potrebbero stare comodamente all’interno del nostro Sole. E le accelerazioni in gioco raggiungono il valore record di 70 g: vale a dire, settanta volte l’accelerazione gravitazionale alla quale è soggetto un corpo in caduta libera qui sulla Terra.
La maggior parte delle oltre 2500 pulsar a oggi note sono oggetti solitari, ma alcune si trovano in sistemi binari compatti. La scoperta, nel 1974, del primo di questi sistemi, noto come B1913+16, valse a Russell Hulse e Joseph Taylor il Nobel per la Fisica nel 1993, per “aver inaugurato nuove possibilità nello studio della gravitazione”. Nel 2003, la scoperta della Pulsar Doppia – ad opera di Marta Burgay e di un team composto da molti ricercatori coinvolti anche nella scoperta odierna – fornì agli scienziati l’opportunità di misurare per la prima volta ulteriori effetti previsti dalla Teoria della relatività generale di Einstein. L’individuazione di J1757-1854 (così si chiama il sistema binario appena scoperto) è avvenuta passando al vaglio migliaia di terabyte di dati raccolti nel corso della High Time Resolution Universe Survey (HTRU): una ricognizione dedicata alle pulsar condotta con il radiotelescopio da 64 metri di Parkes, in Australia, nell’ambito di una collaborazione fra lo CSIRO Astronomy and Space Science australiano, l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) italiano, l’Università di Manchester (Regno Unito), la Swinburne University (Australia) e il Max Planck Institute for Radio Astronomy (MPIfR) tedesco. “La difficoltà non sta tanto nell’osservazione astronomica quanto nell’elaborazione dei dati, che richiede una potenza di calcolo straordinaria”, sottolinea uno dei responsabili del progetto, David Champion, astronomo al MPIfR. “Per cercare in modo mirato questi sistemi accelerati, abbiamo anche dovuto sviluppare algoritmi ad hoc”.
Oltre che dal radiotelescopio di Parkes, il sistema binario è stato da subito oggetto d’osservazioni anche da parte del radiotelescopio da 76 metri Lovell, della Manchester University, del radio telescopio da 100 metri di Effelsberg, dell’MPIfR, nonché del radiotelescopio da 100 metri di Green Bank, grazie ai collaboratori presenti alla West Virginia University. “Ci sono voluti mesi d’indagini per arrivare a capire in cosa, esattamente, ci eravamo imbattuti”, ha spiegato, di fronte alla fitta platea del congresso di IAU, in cui spiccavano le presenze di Jocelyn Bell e del premio Nobel Joseph Taylor,Andrew Cameron, studente di dottorato presso il MPIfR e primo a notare la nuova pulsar. L’elaborazione dei dati, guidata dallo stesso Cameron, ha mostrato che il nuovo sistema sarà preziosissimo per mettere alla prova la teoria di Einstein. “L’accelerazione massima sperimentata da J1757-1854 – nota Andrea Possenti, dell’Inaf di Cagliari – è oltre due volte quella del sistema che valse il premio Nobel, e quindi esso si affiancherà alla Pulsar Doppia nei test della relatività generale e teorie alternative della gravità”. “L’orbita si stringe di circa 9 metri all’anno. In tal modo – osserva Marta Burgay, dell’Inaf di Cagliari – fra 74 milioni di anni le due stelle di neutroni del sistema J1757-1854 si fonderanno, producendo un’immensa emissione di onde gravitazionali, come quelle che gli esperimenti LIGO e Virgo stanno attivamente cercando”.