Se non fossimo tutti impegnati a riconquistare un po’ di normalità e a evitare che le aziende chiudano e i lavoratori perdano il posto, ci sarebbe da fermarsi un attimo e farsi una bella risata. Sì, perché in tempi di emergenza sanitaria, di lockdown, con virologi scatenati e genitori allo stremo, gli insegnanti e gli altri lavoratori della scuola cosa hanno pensato di organizzare? Uno sciopero. Non è facile da credere ma le scuole hanno diramato proprio giorni fa circolari di questo tenore: “Si comunica che le organizzazioni sindacali citate in oggetto (Sisa Scuola – Las) hanno proclamato lo sciopero comparto scuola per il giorno 15/05/2020, del personale Docente, Ata e Dirigente”. Ovviamente “si ricorda che al fine di garantire il diritto di sciopero, non si assicura il regolare svolgimento delle lezioni on line”. Non è una barzelletta ma uno di quei casi in cui la realtà supera l’immaginazione.
Ripercorriamo brevemente cosa è successo negli ultimi tre mesi. Di fronte al Coronavirus il governo ha deciso di chiudere tutti (o quasi) i cittadini a casa per evitare il contagio e tentare di non mandare nel caos la già provata sanità pubblica. Ha chiuso prima di tutto le scuole, spingendo i genitori a scegliere lo smart working per occuparsi dei piccoli. L’alternativa era poco praticabile: il congedo parentale straordinario prevede soltanto il 50 per cento dello stipendio per un periodo limitato (30 giorni negli ultimi tre mesi). Così mamme e papà hanno fatto i salti mortali per far quadrare tutto. Ma niente paura, ci sono le videolezioni!, hanno pensato all’inizio di questa pandemia. Che però sono diventate fin da subito, in perfetto stile italico, una scelta volontaria degli insegnanti.
Alcuni (bravissimi) le hanno cominciate dopo pochi giorni, arricchendole di presentazioni e test, altri hanno atteso “l’autorizzazione del preside” (che in alcuni casi è arrivata dopo settimane), altri ancora si sono limitati a dare pagine da leggere o compiti usando i messaggi sulle chat di What’sApp. Ci sono stati anche gli insegnanti che non si sono né visti né sentiti, quelli precari che ne hanno approfittato per tornare nelle regioni di residenza collegandosi un paio di volte al mese e pure quelli che hanno “concesso”, bontà loro, soltanto pochi minuti di lezione. Dunque ad alcuni studenti è andata bene, ad altri male. Una situazione complicata dalla mancanza di un piano generale preparato dal ministero e anche dal fatto che non tutte le famiglie hanno un computer o un tablet da far usare ai figli. Con pure la beffa che in molti paesi d’Europa, nel frattempo, tanti istituti hanno riaperto.
Ebbene, dopo queste settimane passate a rincorrere insegnanti (ma che bello il posto pubblico!) e a cercare di far imparare qualcosa ai più giovani, cosa fa il “comparto scuola”? Un resoconto di quante ore di videolezioni hanno svolto i docenti? La presentazione delle iniziative messe in campo per stimolare gli alunni? Un confronto con i genitori? Niente di tutto questo. Invece un bello sciopero, il primo nell’era digitale per protestare contro le modalità dei concorsi lanciati dal ministero e per ribadire l’impegno verso un ambiente sostenibile. A questo punto cosa dovrebbero fare i genitori? Uno sciopero pure loro? Impossibile. Mamme e papà non possono mai assentarsi dal “lavoro”.