Senato approva il ddl sull’IA, ma scoppia la bagarre sui dati strategici

Licia Ronzulli e Matteo Renzi

Licia Ronzulli e Matteo Renzi

Caos in Senato durante l’esame del ddl delega sull’intelligenza artificiale (collegato alla manovra di bilancio), che oggi è stato approvato in prima lettura a Palazzo Madama tra le polemiche, con 85 sì e 42 no, e passa ora all’esame della Camera. Al centro dello scontro politico, ancora una volta, il tema delicato della protezione dei dati strategici dell’Italia. Un tema che si è fatto incandescente da quando Elon Musk, il patron di Starlink, è entrato alla Casa Bianca con Donald Trump.

Tanto che quando il via libera in aula chiude la bagarre, il sottosegretario con delega all’Innovazione Alessio Butti (Fdi) ha tenuto a puntualizzare, con una nota, che non c’è stata alcuna “telefonata da Chigi” respingendo così la ricostruzione delle opposizioni, in primis Matteo Renzi, sulle ‘interferenze’ che avrebbero portato Fdi a fare marcia indietro su un emendamento e la maggioranza a bocciare un testo del Pd sullo stesso argomento.

Facciamo un passo indietro. La miccia si accende quando l’assemblea passa ad esaminare gli emendamenti all’articolo 6 con ‘Disposizioni in materia di sicurezza e difesa nazionale’. Il provvedimento prevede che “i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’uso in ambito pubblico, fatta eccezione per quelli impiegati all’estero nell’ambito di operazioni militari, devono essere installati su server ubicati nel territorio nazionale, al fine di garantire la sovranità e la sicurezza dei dati sensibili dei cittadini”. Un emendamento di Fratelli d’Italia (il 6.302) propone di inserire una specifica: “ove abbiano ad oggetto dati strategici in un contesto connesso alla sicurezza nazionale”.

La relatrice Tilde Minasi (Lega) dà parere contrario a tutti gli emendamenti salvo che a quello di Fdi. Il sottosegretario Butti prende la parola e corregge il tiro: “esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti, anche sul 6.302”. Suscitando i brusii dell’opposizione. La relatrice riprende la parola per dire di essersi “sbagliata”. I banchi del governo si fanno affollati, il leader di Iv Matteo Renzi protesta mentre la vicepresidente di turno Licia Ronzulli (Fi) invita tutti a tornare ai propri posti e si lascia poi andare a un “non me ne frega un c. di quello che pensa Renzi” (immortalata da un video postato in seguito sui social dalla capogruppo Iv Raffaella Paita). Lorenzo Basso del Pd, sostenendo che nel suo testo non ci sono profili finanziari, replica al presidente della commissione Bilancio Nicola Calandrini (Fdi) che nel frattempo aveva dato, in aula, parere positivo della Bilancio a entrambi i testi.

Nel caos chiede la parola la prima firmataria dell’emendamento Fdi, Cinzia Pellegrino, che sancisce una marcia indietro ritirando il suo emendamento. Renzi battibecca con Ronzulli e poi accusa: “Cosa è successo? I senatori si sono avvicinati, il senatore Butti ha preso il telefono. Il punto fondamentale è che secondo me, cara Presidente, è arrivata una telefonata da Palazzo Chigi al senatore Butti”. Riferendosi, senza nominarlo, al sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano, “autorità delegata collegata ai servizi di intelligence”. Ricostruzione respinta dalla relatrice Minasi.

E con una nota, dallo stesso Butti: “non sono arrivate telefonate da Chigi né da qualsiasi altra autorità, a me o ai relatori. Il governo ha sempre operato nell`interesse esclusivo del Paese, soprattutto su un tema strategico come l`intelligenza artificiale e la gestione dei dati pubblici”. Quanto all’emendamento Pd, targato Basso e Nicita, viene sottoscritto da M55, Iv e Avs. Il capogruppo M5S, Stefano Patuanelli, ironizza sui “sovranisti di noialtri” che “quando si tratta di mantenere dati sensibili per la sicurezza nazionale su server del nostro territorio nazionale, dicono no evidentemente perché pensano di mandare quei dati in Cina o forse negli stati Uniti, più probabilmente”. “Sottosegretario Butti, ci dica da dove è arrivato il ‘no’, perché è evidente che è successo qualcosa”, dice il presidente dei senatori dem Francesco Boccia.

L’emendamento Pd viene bocciato. Questo il testo: “i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’uso in ambito pubblico ove abbiano ad oggetto dati strategici e fatta eccezione per quelli impiegati all’estero nell’ambito di operazioni militari, devono essere installati su server ubicati nel territorio nazionale e se trasmessi tramite tecnologie satellitari devono utilizzare infrastrutture ad esclusivo controllo nazionale e su satelliti europei e nazionali, al fine di garantire la sovranità e la sicurezza dei dati sensibili dei cittadini”.