E’ scontro nel Pd sulla riforma del Senato, voluta fortemente da Matteo Renzi e dalla relatrice del provvedimento Maria Elena Boschi. Già in mattinata un faccia a faccia tra il ministro e Anna Finocchiaro aveva aperto la discussione. Oggetto della questione il modello francese che prevede l’elezione indiretta dei senatori. Una successiva riunione dei parlamentari democratici, in vista della scadenza per la presentazione degli emendamenti, ingrandisce le dimensioni della spaccatura. Si mettono di traverso una ventina di uomini, vicini alla proposta del senatore Vannino Chiti, fautore della proposta che prevederebbe al contrario l’elezione diretta del Senato. I dissidenti che ad aprile si erano compattati attorno al ddl Chiti, oggi decidono di non fermarsi, ma di ripresentare i contenuti di quello stesso disegno di legge sotto forma di emendamenti. La stroncatura arriva poco dopo, appena termina l’assemblea dei senatori Pd la Finocchiaro dichiara che l’elezione diretta dei senatori non è più un’ipotesi in campo. “Oggi ci sono due opzioni di modifica. Il primo è un sistema di scelta che prevede un listino dei consiglieri regionali eletti dall’assemblea dei sindaci, il secondo è quello che viene chiamato sistema francese”.
Forza Italia. In netta contrapposizione i senatori di Forza Italia. Parlando con i giornalisti a Palazzo Madama, infatti, il capogruppo azzurro Paolo Romani è netto nel definire il modello francese “inaccettabile”. Sul modello francese oggi si è confrontato il gruppo Pd di palazzo Madama, con una proposta dei Riformisti democratici su cui c’è stata anche l’apertura dei senatori Marcucci e Mirabelli, che hanno presentato un documento in questa direzione.
Emendamenti. Alle 18 sono circa 5.200 gli emendamenti presentati in commissione Affari costituzionali del Senato al disegno di legge di riforme costituzionali. Gran parte, 3.806 proposte di modifica, sono state depositate dalla Lega Nord. Ma per trattare su numero e qualità degli emendamenti c’è ancora tempo. Domani infatti comincerà l’illustrazione in commissione ma non si voterà nulla prima della prossima settimana. Giorni preziosi per mediare e, per quanto riguarda il Pd, tentare di compattare il più possibile il gruppo. E se non ci si dovesse riuscire, si sta già valutando una via d’uscita: Corradino Mineo (promotore della proposta Chiti) potrebbe essere sostituito in commissione Affari costituzionali dal renziano Stefano Collina. La sostituzione di Mineo con un senatore renziano potrebbe garantire al Pd un fronte coeso al momento del voto in commissione. Se gli azzurri dovessero tirarsi fuori dal patto, infatti, in commissione Affari costituzionali le sorti della riforma sarebbero appese ad un unico voto di scarto. Ed è per questo che la compattezza della maggioranza deve essere assoluta. (Il Tempo)