Una sentenza storica che cambia le regole sull’assegno di mantenimento dell’ex coniuge. La Cassazione, infatti, stabilisce nuovi parametri di riferimento per il riconoscimento dell’assegno di divorzio. Nello specifico, la prima sezione civile ha superato il precedente consolidato orientamento, che collegava la misura dell’assegno di mantenimento al parametro del “tenore di vita matrimoniale”, indicando come parametro di spettanza dell’assegno, avente natura “assistenziale”, l'”indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge che lo richiede. Dunque, dopo “quasi 27 anni”, la Corte ha ritenuto che il parametro del tenore di vita goduto durante il matrimonio non sia piu’ un orientamento “attuale”: con la sentenza di divorzio, osserva la prima sezione civile, “il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicche’ ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del ‘tenore di vita matrimoniale’ in una indebita prospettiva di ‘ultrattivita” del vincolo matrimoniale”. Dunque, secondo i supremi giudici, va individuato un “parametro diverso” nel “raggiungimento dell’indipendenza economica” di chi ha richiesto l’assegno divorzile: “Se e’ accertato che – si legge nella sentenza depositata oggi – e’ economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto tale diritto”. I principali indici che la Cassazione individua per valutare l’indipendenza economica di un ex coniuge sono il “possesso” di redditi e di patrimonio mobiliare e immobiliare, le “capacita’ e possibilita’ effettive” di lavoro personale e “la stabile disponibilita’” di un’abitazione.
“Potrebbe scomparire d’ora in poi un principio cardine della legge sul divorzio – afferma l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione matrimonialisti italiani -. La storia dei soldi dati per la separazione è una storia lunga. Ma la decisione dei giudici della Suprema corte può fare scuola, bisogna ammetterlo. Anche se negli ultimi anni c’è stata una tendenza chiara. Perché negli anni ’80 la concessione dell’assegno era per il 60 per cento delle coppie”. Ma il dato è molto diminuito con il tempo. “Tanto che nell’ultimo anno è del 19 per cento”. Per Gassani, “in questo senso la Cassazione spesso è un termometro della situazione sociale del Paese. Perché le donne, in tanti casi, lavorano e guadagnano più degli uomini. Inoltre questo verdetto è in linea con la realtà europea”. Stante il fatto che il criterio dell’assegno divorzile “è stato spazzato via”, continua Gassani, va ricordato che “le coppie con stipendi fissi hanno solo l’assegno per i figli; sono quelle ricche, fatte di vip, professionisti e commercianti a giovarsi di questa pronuncia. La Cassazione comunque eleva l’asticella culturale, il matrimonio non è un affare. Se si vive insieme è un conto, insomma, ma l’assegno viene concesso con oculatezza”. Non sarebbe meglio adottare l’escamotage degli accordi prima del matrimonio? “In Italia manca la legge. Personalmente dico che regolamentare quel che viene inteso prima del matrimonio sarebbe un atto di civiltà. Anche alla luce della sentenza di oggi. Perché tutti potranno farvi riferimento”.