Lee In-young è probabilmente il membro del governo sudcoreano chiamato ad affrontare il compito più difficile: riaprire le porte del negoziato con la Corea del Nord, in un momento di nuovo irrigidimento sui due lati del 38mo Parallelo. Il ministro dell’Unificazione nominato ha affrontato oggi l’udienza parlamentare di conferma a Seoul e ha buttato giù una serie di idee per riaprire il dialogo con Pyongyang, sostenendo di aver percepito un segnale positivo da Kim Yo Jong, la potente sorella minore del leader supremo Kim Jong Un, che si propone come nuovo canale di comunicazione. Dopo le speranze del 2018 e dell’inizio 2019, il processo negoziale che avrebbe dovuto portare alla denuclearizzazione della Penisola coreana e alla pace tra Stati uniti e Corea del Nord appare spento.
La Corea del Nord è tornata a parlare il linguaggio della provocazione, ha interrotto le comunicazioni con Washington e Seoul e, per far capire ancora meglio che vento tira, ha fatto saltare in aria l’Ufficio di collegamento sudocoreano nella città di Kaesong, in risposta ai lanci di volantini propagandistici da parte di organizzazioni di fuoriusciti dal Sud. A rendere ancor più incerto il momento è la fase elettorale in cui sono entrati gli Stati uniti, con le presidenziali a novembre. Il presidente Donald Trump è stato protagonista, dopo un esordio fatto di insulti reciproci con Kim, di un’inattesa svolta negoziale. Un’improbabile chimica si è manifestata tra i due leader. L’eventuale cambiamento alla guida a Washington, se vi fosse la vittoria del democratico Joe Biden, potrebbe riportare alla strategia della “pazienza strategica” dell’Amministrazione Obama (nella quale Biden era vicepresidente). Che vorrebbe dire la stasi per un governo, quello sudcoreano di Moon Jae-in, che ha come sua priorità la riapertura dei canali di dialogo con il Nord.
Lee, il nuovo ministro dell’Unificazione, quindi ha bisogno di smuovere le acque, di far ripartire il dialogo al più presto, possibilmente prima che cambi la guida alla Casa bianca. Sul piatto oggi ha messo le esercitazioni congiunte estive Usa-Corea del Sud, che sono state sempre viste come una spina nel fianco da Pyongyang. “Se dovessimo essere flessibili, per esempio ridimensionando di circa la metà l’area delle manovre mobili a sud del fiume Han, la Corea del Nord potrebbe rispondere di conseguenza”, ha spiefato Lee. “Se le esercitazioni andassero avanti come programmato, la protesta della Corea del Nord sarebbe un po’ più forte, mentre se le esercitazioni venissero congelate, potrebbe essere visto come un nuovo messaggio”.
A raccogliere questa comunicazione potrebbe essere, per esempio, Kim Yo Jong, la sorella di Kim Jong Un. Perché lei? Lee, davanti alla commissione ha fatto un ragionamento rilevato dal sito specializzato NK News: in una recente dichiarazione, Kim Yo Jong ha sostenuto che il Leader le ha chiesto di procurarle il DVD delle celebrazioni del 4 luglio negli Stati uniti. Non si tratta, ovviamente, di una rivelazione su come il fratello maggiore passa le sue serate, ma di un messaggio. “(Kim Yo Jong) sta indicando che lei è il canale per il dialogo”, spiega Lee. Ai nordcoreani, insomma, Lee vuole dire di far presto, anche accontentandosi del 70-80 per cento di quelo che chiedono e non del 100 per cento. “Se perdiamo questa opportunità, perdiamo un momento d’oro strategico e potrebbe volerci molto tempo prima di avere una nuova opportunità”, ha spiegato. L’urgenza di questa apertura è tale che, anche sulla questione della distruzione dell’ufficio di Kaesong, Seoul dovrebbe, secondo il ministro, cercare una “soluzione saggia”, evitando di impuntarsi.
Non sarà facile sbloccare un dialogo che è ormai incrostato dal fallito summit Kim-Trump di febbraio dello scorso anno ad Hanoi. In questo senso, per quanto il nuovo ministro sappia bene che le chiavi del dialogo sono a Pyongyang e Washington, Lee dimostra di avere un certo coraggio o realismo, sostenendo che la costruzione di una reciproca fiducia sui due lati del 38mo Parallelo dovrebbe continuare e prescindere da come procede il dialogo Usa-Corea del Nord, anche in considerazione del fatto che si parla sempre più insistentemente negli Stati uniti di un minore impegno militare in Sudcorea. Secondo Lee, insomma, Seoul e Pyongyang possono “riavviare l’orologio fermo della Penisola coreana”. A prescindere da Trump o da chi gli succederà alla Casa bianca. askanews