Sette anni di promesse disattese. La farsa dell’Ue sui richiedenti asilo

4 giugno 2018

L’Europa si sveglia, è dopo anni capisce che l’annosa questione dei migranti non può stare soltanto sul groppone dell’Italia. La prima a essere folgorata sulla via di Damasco è Angela Merkel: “Parte dell’insicurezza in Italia ha la sua origine nel fatto che gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli con il compito di accogliere i tanti migranti in arrivo dall’Africa”. Per la cancelliera tedesca, quindi, “abbiamo bisogno di un sistema d’asilo comune e parametri coerenti nella decisione di chi deve ricevere asilo e chi no”.

E’ opportuno ricordare, a questo punto, che il “crollo della Libia”, per dirla con la Merkel, è avvenuto nel 2011. Il che vorrebbe dire che l’Europa in questi sette anni non si è mai interessata nel dare una seria mano all’Italia. Certo, anche il nostro Paese non è indenne da responsabilità. Ma questa è altra storia. Il benefico fulmine arriva anche a Bruxelles. E così, per bocca del commissario per gli Affari economici, anche l’Europa fa ‘mea culpa’: “L’Italia ha sentito la mancata solidarietà di partner nella crisi migratoria, ma la parola importante è solidarietà”. In altri termini, per Pierre Moscovici, “bisogna costruire risposte solidali e umane e farle insieme”. L’atmosfera appare idilliaca, ma è certamente strategica in vista del vertice dei ministri degli Interni Ue, in programma oggi e domani 5 giugno a Lussemburgo. E dove, il neo titolare del Viminale, Matteo Salvini, è pronto a dare battaglia. Al primo punto in agenda, proprio il dossier migranti.

Il regolamento di Dublino

E, in particolare, si aprirà il confronto sulla revisione del regolamento di Dublino. Norme, a oggi, in base alle quali è responsabile della richiesta d’asilo di un profugo il primo Stato membro in cui vengono memorizzate le impronte digitali o viene registrata la richiesta. Va da sé, quindi, che per chi arriva via mare, l’Italia – come altri Paesi del Mediterraneo – è il più colpito dal provvedimento, rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei. Una regola che quindi dovrà essere rivista e per la quale non mancheranno aspri confronti. La Germania sembra partire con il piede giusto. “Abbiamo bisogno di un sistema d’asilo comune e parametri coerenti nella decisione di chi deve ricevere asilo e chi no”. Da qui, la convinzione che “Frontex debba diventare nel medio periodo una vera polizia di frontiera europea con competenze europee”, e che alla fine ci sia “un’istituzione europea che si occupi di asilo” sulla base di un diritto comunitario.

D’altronde, la cancelliera, è costretta a dare una svolta alla sua politica sull’immigrazione. Prima per un fatto politico, essendosi indebolita proprio per certe “aperture” sui migranti. E, secondo, che proprio in questi giorni, la Merkel è sotto accusa per lo scandalo che ha travolto l’ufficio responsabile della gestione dei migranti arrivati in Germania dal 2015. “Il fallimento è nell’inerzia (del governo) quando sono diventate chiare le sfide poste alla Germania dall’arrivo dei rifugiati – ha detto l’ex presidente dell’Ufficio federale per i migranti e i rifugiati (Bamf), Frank-Jurgen Weise -. La crisi avrebbe potuto essere evitata”. In sostanza, la cancelliera cammina sui carboni ardenti. Qualche cifra, invece, ci aiuta a meglio a capire il fenomeno.

I dati del Viminale

I dati del Viminale dicono che al 3 aprile 2018, ci sono stati 12.583 ricollocamenti dall’Italia, un terzo della cifra prevista (34.953 trasferimenti da effettuare entro settembre 2017) in base alla ridefinizione del meccanismo da parte delle istituzioni comunitarie. Quasi un terzo del totale dei migranti (5.406) sono stati accolti dalla Germania. Seguono Svezia (1.408), Paesi Bassi (1.008), Svizzera (920), Norvegia (816). Più indietro la Francia con soli 555 richiedenti asilo accolti. Polonia e Ungheria non ne hanno condotti, e assieme alla Repubblica Ceca sono state deferite alla Corte di giustizia europea per la loro inadempienza. In pratica, la solidarietà europea sul fronte dei ricollocamenti “vale” oggi solo il 4 per cento degli sforzi italiani. Oltre al fallimento dei ricollocamenti, gli aiuti europei coprono solo una minima parte delle spese italiane: nel 2017, per esempio, i contributi di Bruxelles ammontavano a meno del 2 per cento dei costi incorsi dallo Stato italiano per gestire il fenomeno migratorio. Secondo il Def approvato dal governo, nel 2017 l’Italia ha speso 4,3 miliardi di euro per l’assistenza migranti. E, quest’anno, pur considerando una perdurante capacità nel ridurre gli sbarchi, la spesa da sostenere è prevista salire da 4,6 fino a 5 miliardi di euro.

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