A sei settimane dal voto, Israele rischia ritorno alle urne

A sei settimane dal voto, Israele rischia ritorno alle urne
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu
29 maggio 2019

Benjamin Netanyahu si è dichiarato vincitore delle elezioni israeliane di aprile, ma la vittoria gli sta sfuggendo dalle mani, mentre, a poche ore dal termine entro il quale deve trovare un’intesa per formare un nuovo governo, il suo alleato tradizionale continua a negargli l’appoggio e le elezioni anticipate sembrano sempre più vicine. L’uomo al centro della crisi è l’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman, che non vuole mollare il punto sul servizio militare per gli studenti di seminari ultra ortodossi.

L’impasse, a sei settimane dal voto del 9 aprile, getta una nuova cupa ombra sul regno ultradecennale di “Re Bibi” e inasprisce l’incertezza politica in un Paese profondamente diviso. A meno di una colpo di scena Israele si prepara a un nuovo voto, probabilmente a settembre, e la neo-nominata Knesset ha già avviato lunedì le procedure per lo scioglimento. Senza il sostegno del partito di estrema destra di Lieberman Yisrael Beitenu, che ha cinque seggi sui 120 del parlamento, Netanyahu non può formare un governo guidato dal suo partito Likud. In base ai termini di legge il premier designato han fino alla mezzanotte, le 23 italiane, per annunciare un nuovo governo. Ieri in una riunione a porte chiuse del suo partito Netanyahu ha fatto capire di non sentirsi per nulla all’angolo. “Man mano che diventa più chiaro che ci stiamo avvicinando a un’elezione, più crescono le possibilità che l’elezione non ci sarà” ha detto. I commentatori politici seguono lo scontro. “Netanyahu è un animale ferito, lotta per la sopravvivenza e non dovremmo sottovalutare le sue capacità” ha scritto ieri l’editorialista Yossi Verter sul quotidiano di sinistra Haaretz.

I rivali di Netanyahu fiutano il sangue da quando a febbraio il procuratore generale ha annunciato che intende incriminare il premier in tre processi per corruzione. Il diretto interessato nega tutto e si dice vittima di una caccia alle streghe. E nelle elezioni di aprile sembrava essersi accaparrato un quinto mandato di governo alla guida di una coalizione di destra. Sarebbe bastato, apparentemente, il consueto mercato delle vacche su poltrone e progetti di governo cari a questo o quell’alleato. Pochi immaginavano che Netanyahu non ce l’avrebbe fatta, anche dopo che ha chiesto e ottenuto un rinvio di due settimane sulla scadenza originaria di 28 giorni. Ma all’improvviso, Lieberman si è trasformato nella variabile impazzita e Netanyahu rischia concretamente che il presidente Reuven Rivlin scelga un altro candidato per formare il governo. “Molto può essere fatto in 48 ore”, ha detto Netanyahu lunedì. “I desideri degli elettori possono essere rispettati, un forte governo di destra può essere formato” ha aggiunto.

Se gli sforzi per spezzare lo stallo politico falliranno, il Parlamento inizierà stasera il voto finale per indire elezioni anticipate. Queste impedirebbero a Rivlin di incaricare altri di formare una coalizione di governo. Ma i commentatori politici dicono che non è ancora chiaro se Netanyahu abbia i 61 voti necessari per fare approvare lo scioglimento della Knesset. Se ciò non avvenisse la palla passerebbe al presidente e Netanyahu, che ha perso le elezioni l’ultima volta nel 1999, resterebbe a bordo campo, in una posizione a lui poco congeniale. Lieberman, immigrato dell’ex Unione Sovietica, ha iniziato la sua scalata alla politica israeliana come assistente di Netanyahu e da tempo insiste affinché gli studenti del seminari ebraici ultra-ortodossi condividano l’onere del servizio militare obbligatorio. Ciò lo ha messo in rotta di collisione con il partito del Giudaismo unito della Torah nei negoziati per la coalizione, una rottura che è piaciuta alla base elettorale russofona di Lieberman.

“L’unica motivazione di Yisrael Beitenu è quella di rispettare i principi e gli impegni presi prima, durante e dopo le elezioni” ha detto Lieberman ieri. Ma per gli osservatori di lunga data, è in atto un chiaro gioco di potere da parte di un politico dalle maniere forti, ex buttafuori da discoteca, che ora cerca, secondo il vice ministro degli esteri Tzipi Hotovely del Likud, di prendere il controllo del “campo nazionale”. “Secondo i calcoli di Lieberman, l’era del potere di Netanyahu si sta avvicinando alla fine. Per preservare il suo potere, sa che questo è il momento di abbandonare la nave”, ha scritto su Haaretz Anshel Pfeffer, che ha scritto una biografia. “E lo sta facendo con molta attenzione, scegliendo una questione di principio – il disegno di legge militare … come la questione su cui rompere con Netanyahu”. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è intervenuto con un’iniziativa senza precedenti nella disputa interna israeliana. “Spero che le cose funzionino per la formazione della coalizione di Israele e che io e Bibi potremo continuare a rendere più forte che mai l’alleanza tra America e Israele”, ha scritto su Twitter.

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