Alma Shalabayeva, finita due anni al centro di un intrigo diplomatico-poliziesco internazionale, sostiene di essere stata vittima, con sua figlia, di un rapimento, e che la polizia italiana fu manipolata. “Insieme con mia figlia che aveva sei anni siamo state vittime di un rapimento. La polizia italiana è stata manipolata dal Kazakistan. Chiedo alla magistratura italiana di non archiviare le accuse nei confronti dei diplomatici kazaki”, ha detto la donna nel corso di una conferenza stampa dopo la chiusura delle indagini e la prossima richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di alcuni agenti della polizia italiana. La donna, insieme con i figli Madina e Madiar, ha incontrato la stampa nell’ufficio del suo legale italiano Astolfo Di Amato. “Siamo tornate a vivere a Roma ma”, hanno spiegato. “Voglio dire grazie al popolo italiano, ai parlamentari italiani che hanno capito e ad Emma Bonino per quanto fatto. Adesso che lei si trova in una situazione di malattia le mando tutti i miei auguri”. La signora Shalabayeva, completo bianco, non dimentica “chi l’ha aiutata” a tornare in Italia dopo un periodo di detenzione in Kazakistan. All’incontro con la stampa, con accanto i figli Madina e Madar, chiarisce di aver dato mandato ai legali di procedere “in tutte le forme possibili”.
La figlia poi spiega: “Siamo sorpresi che i diplomatici kazaki coinvolti nel caso siano ancora in libertà e che nei loro confronti si chieda l’archiviazione. Loro sono i mandanti del rapimento di mia madre e di mia sorella. Sono stati loro a manipolare la polizia italiana. Sono stati colti con le mani nella marmellata, ma non sono stati formulati capi d`accusa nei loro confronti”. Anche l’avvocato americano Peter Sahlas non fa i complimenti agli inquirenti italiani e indicando i faldoni dell’inchiesta aggiunge “Negli atti dell’indagine della Procura non è stato mai utilizzato il termine rapimento per questa vicenda. E` evidente il conflitto di interesse tra chi ha firmato il nulla osta per il via libera all`espulsione, nel maggio del 2013, e ha poi sottoscritto, due anni dopo, la chiusura delle indagini. In questa indagine c`è stato un tentativo di mettere un toppa ma siamo rimasti molto delusi, il popolo italiano merita di più dalla sua giustizia”. Due anni fa, la donna, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov, fu prelevata dalla polizia insieme a sua figlia in una villa di Casal Palocco, nella periferia sud di Roma, ed espulsa. La Cassazione, accogliendo il suo ricorso, stabilì poi che l’espulsione era viziata da illegittimità originaria.