Un gruppo di esponenti di Fi chiede al tribunale di annullare l’assegnazione del logo
Fermate quel simbolo. Cinque esponenti dell’allora Alleanza nazionale hanno presentato un ricorso al tribunale ordinario di Roma per chiedere l’immediata sospensione della delibera con cui la fondazione An ha affidato l’uso del logo del partito sciolto cinque anni fa a Fratelli d’Italia. Si tratta di cinque esponenti pugliesi della formazione politica e tutti e cinque fanno riferimento a quell’area politica che fu di Pinuccio Tatarella. E fa un certo effetto perché Tatarella di certo non avrebbe fatto salti di gioia nel vedere le diatribe a cui sono arrivati i big (e non solo) della (fu) destra. Se ne occuperà la storia, la cronaca ora se la vede con un atto presentato dall’avvocato Roberto Ruocco, consigliere regionale Pdl-Fi, e con lui dagli altri consiglieri pugliesi berlusconiani Nicola Marmo e Pietro Lospinuso e dagli esponenti locali Domenico Damascelli e Dario Damiani.
L’atto si poggia su due elementi fondamentali. Il primo ricorda che dopo lo scioglimento del partito, tutti i beni confluirono in una fondazione e che”la decisione di costituire una fondazione scaturiva dall’esigenza di non aprire in futuro controversie sull’eredità politica e sull’uso del nome e del simbolo da parte di minoranze eventualmente dissidenti”. Si ricorda che le finalità della fondazione An”sono la conservazione, tutela e promozione del patrimonio politico e di cultura storica e sociale che è stato proprio, fino alla sua odierna evoluzione, della storia della destra italiana, e, segnatamente, del partito politico Alleanza nazionale, oltre che dei movimenti ed aggregazioni politiche e sociali, che ad essa hanno dato causa o contributo ideale”.”Consegue, quindi – si legge ancora nel ricorso -, che la cessione, se pur limitata nel tempo, da parte della fondazione del simbolo e della denominazione del “partito politico Alleanza nazionale”, ad essa conferiti per il raggiungimento delle finalità, ad altri soggetti perché se ne servano nel contingente politico ed elettorale, da cui, sciogliendosi e costituendo una fondazione, An si è voluta sottrarre, costituisce, oltre che un depauperamento di suoi elementi identificativi, una palese violazione delle finalità di “conservazione, tutela e promozione del patrimonio politico e di cultura storica” di Alleanza nazionale”.
A riprova del rischio depauperamento si portano alcuni numeri. Il partito allora guidato da Fini alle ultime elezioni in cui si presentò con il suo simbolo, le politiche 2006, raccolse il 12,34%, mentre Fratelli d’Italia alle politiche 2013 ha toccato l’1,95%.”Il che – scrivono i ricorrenti – significa che oltre l’85% dell’elettorato che fu di Alleanza nazionale non si riconosce nel FdI (che, peraltro, conta nella sua esigua base anche aree di provenienza diversa)”. Il secondo elemento fondamentale riguarda la votazione dell’assemblea della fondazione An del 14 dicembre scorso, quando venne approvata la mozione Meloni-La Russa-Alemanno con cui appunto vene ceduto il logo del partito ormai defunto a Fratelli d’Italia. Anzitutto, rilevano i ricorrenti, non era stata iscritta all’ordine del giorno visto che in quella sede si discusse del “piano generale delle attività e dei risultati della gestione e della conduzione amministrativa della fondazione, nonché gli obiettivi che la stessa si propone di conseguire, i relativi strumenti e tempi di attuazione”.”Inoltre – è scritto nel ricorso – è stata approvata alla presenza di soli 292 partecipanti su 1.206 aventi diritto”.
Nell’atto vengono annotati altri aspetti che tuttavia possono essere considerati accessori. Per esempio il fatto l’assegnazione riguardava il simbolo e non anche la scritta Alleanza nazionale. Oppure il fatto che che sono stati ascoltati, dall’ufficio di presidenza, un numero esiguo di dirigenti.”Basta leggere il verbale delle audizioni dell’inventato ufficio di presidenza “allargato” per verificare che nessuna indagine (necessaria, secondo la mozione, prima di concedere il simbolo) di quelle previste è stata seriamente svolta. Va evidenziato, a tal proposito, che sono stati “auditi” (solo) 21 ex dirigenti di An, di cui solo parte favorevoli (vicini od in avvicinamento a Fratelli d’Italia) a concedere a FdI il simbolo. Alcuni altri, a nome del Comitato promotore del “Movimento per Alleanza nazionale” addirittura hanno diffidato gli organi della Fondazione a concedere il simbolo. Il rappresentante di Fli (il partito fondato da Gianfranco Fini che all’elezioni politiche ha raccolto quasi la metà dei voti raccolti da FdI) si è espresso negativamente”.
Anche qui, a supporto di questa tesi (ovvero della scarsa rappresentanza dei dirigenti ascoltati) si portano numeri:”Di fronte a quei 21 “auditi”, in parte favorevoli ed in parte contrari, va ricordato che Alleanza nazionale, però, contava (dati 2005) ben 188.000 iscritti, oltre 500 dirigenti nazionali (congresso 2002) e migliaia di dirigenti locali. Per Alleanza nazionale hanno votato nel 2006 ben 4.706.654 elettori”. Del caso se ne occuperà il tribunale. Quel che è sicuro è che il mondo dell’ex An continua a non trovare pace.