Siria, oltre mille morti negli scontri contro gli ex-assadisti
Sgomento della comunità internazionale sugli eccidi a Tartus e Latakia a nord del Paese guidato da Ahmed al Shara, ex capo di al Nusra, che poi istituisce un comitato d’inchiesta sulle violenze. Il Papa: “Forte preoccupazione per la Siria”

La Siria è di nuovo sprofondata in un vortice di violenza e terrore, con scene che ricordano i giorni più bui della guerra civile. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede a Londra, oltre mille persone sono state uccise negli ultimi giorni nelle regioni costiere di Latakia e Tartus, roccaforti della minoranza alawita fedele all’ex presidente Bashar al-Assad, deposto lo scorso dicembre e rifugiatosi a Mosca.
Tra le vittime, si contano almeno 830 civili, molti dei quali giustiziati a sangue freddo in quello che fonti locali definiscono “massacri settari”. I numeri totali parlano di 1.311 morti, tra cui 481 membri delle forze di sicurezza e milizie lealiste al vecchio regime, e 125 combattenti delle nuove forze siriane guidate da Hayat Tahrir al-Sham (Hts).
Gli scontri e le testimonianze
Gli scontri sono scoppiati giovedì scorso, quando milizie alawite hanno teso un’imboscata su vasta scala a Jableh, nella provincia di Latakia, contro le truppe del governo provvisorio di Ahmad al-Sharaa, l’uomo forte emerso dopo la caduta di Assad. La rappresaglia delle forze di Hts è stata immediata e brutale. Testimonianze strazianti parlano di rastrellamenti casa per casa, esecuzioni sommarie di civili disarmati – comprese donne e bambini – e saccheggi.
Un residente di Snobar, piccolo centro vicino a Latakia, ha raccontato: “Uomini armati hanno ucciso 14 persone della mia stessa famiglia, tra cui un anziano di 75 anni e i suoi tre figli, davanti alla moglie. Poi le hanno ordinato di consegnare l’oro per salvarsi”. Nelle strade, i cadaveri si accumulano, mentre acqua ed elettricità sono un lontano ricordo.
La posizione del governo provvisorio
Il governo provvisorio sostiene che le esecuzioni siano “azioni individuali” e non coordinate, ma il confine tra forze ufficiali e milizie indipendenti, accorse da tutto il Paese per reprimere le sacche di resistenza, resta indefinito. Scontri si segnalano anche a Hama e Homs, dove sarebbero intervenute persino milizie straniere, inclusi gruppi di origine cinese, secondo alcune fonti locali. Il coprifuoco è in vigore, ma il numero reale delle vittime potrebbe essere molto più alto di quanto riportato.
Il discorso di al-Sharaa
Dal pulpito della moschea degli Omayyadi a Damasco, il presidente ad interim Ahmad al-Sharaa ha cercato di rassicurare la popolazione: “Quello che sta accadendo sono inciampi attesi. La rivoluzione è nata da queste moschee, che hanno insegnato morale ai loro figli. Non c’è paura per la Siria: dobbiamo proteggere l’unità nazionale e la pace civile”. Ha annunciato la creazione di un comitato indipendente per indagare sulle violenze, ma il suo appello alla calma stride con le immagini di morte che circolano sui social, dove video di massacri e saccheggi si moltiplicano.
Al-Sharaa, leader di Hts, aveva promesso al suo insediamento una Siria inclusiva, capace di tenere insieme sunniti (73% della popolazione), alawiti (11%), cristiani (10%) e le altre minoranze – drusi, yazidi, curdi e ismailiti. Un equilibrio che il regime di Assad aveva gestito con pugno di ferro, ma che ora sembra sgretolarsi sotto il peso di vendette e divisioni settarie.
La condanna internazionale
La comunità internazionale ha reagito con sgomento. L’Unione Europea ha “condannato fermamente” gli attacchi, attribuiti a “elementi pro-Assad” contro le forze governative e i civili, mentre la Lega Araba ha stigmatizzato le violenze. Domani, ad Amman, i ministri degli Esteri di Turchia, Giordania, Siria e Iraq si riuniranno per affrontare la crisi. Solo venerdì la Siria era stata riammessa nell’Organizzazione per la cooperazione islamica, dopo 13 anni di sospensione, e l’Ue aveva alleggerito alcune sanzioni per favorire la ricostruzione. Ora, quegli spiragli di speranza sembrano chiudersi.
Le Chiese cristiane di Damasco – guidate dai patriarchi greco-ortodosso John X, siriaco-ortodosso Mor Ignatius Aphrem II e melchita Youssef Absi – hanno denunciato “azioni orribili che contraddicono ogni valore umano”. Papa Francesco, dall’ospedale Gemelli, ha espresso “preoccupazione” e invocato il rispetto di tutte le componenti etniche e religiose. Condanne sono arrivate anche da Stati Uniti e Israele, con il segretario di Stato Usa Marc Rubio che ha chiesto di perseguire i responsabili, e i ministri israeliani Katz e Sa’ar che hanno definito al-Sharaa “un terrorista jihadista mascherato”.
Una crisi che scuote il Medio Oriente
Il responsabile Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha parlato di notizie “estremamente inquietanti” su “intere famiglie massacrate”. Dopo la caduta di Assad, Israele ha rafforzato la presenza militare nelle alture del Golan, temendo un’escalation. Gli analisti non esitano a definire gli eccidi “pogrom”, alimentando il timore che la Siria, appena uscita da un decennio di guerra, stia scivolando in un nuovo abisso. Mentre il mondo guarda con apprensione, la promessa di pace di al-Sharaa appare sempre più fragile.