Siria, ora bombardieri russi partono da Iran. Gli americani cauti su Aleppo

GUERRA ALL’ISIS Il ministero russo della Difesa ha confermato che due bombardieri sono decollati dalla base iraniana e hanno colpito in particolare cinque depositi di armi in Siria

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Putin, Assad

Dei bombardieri russi hanno colpito posizioni jihadiste in Siria partendo per la prima volta da una base in Iran, in un nuovo passo che rafforza la cooperazione militare tra i due principali sostenitori del regime di Bashar al Assad e costituisce per la Russia un vantaggio tattico non da poco, visti i tempi più brevi di volo per gli aerei impegnati nei raid. Lo sviluppo arriva mentre sul Nord della Siria, in particolare Aleppo, sono in corso violenti bombardamenti che, secondo l’ong Human Rights Watch, vedono l’utilizzo ripetuto di bombe incendiarie, sganciate su zone dove abitano anche molti civili. Intanto l’annunciato (da Mosca) accordo tra russi e americani per “operazioni congiunte” ad Aleppo non sembra dietro l’angolo e il Dipartimento di Stato si mostra cauto al riguardo. Il ministero russo della Difesa ha confermato oggi che bombardieri Tu-22M3 e Su-34 sono decollati dalla base iraniana di Hamadan, in Iran, e hanno colpito in particolare cinque depositi di armi in Siria. Secondo quanto si è appreso dal ministero della Difesa russo, gli aerei sono partiti “carichi di bombe” dalla base di Hamadan “per un “attacco contro obiettivi di gruppi terroristici dello Stato islamico (Isis) e Jabhat al Nusra (“Fronte al Nusra”) nelle province di Aleppo, Deir el-Zour e Idlib.

Nell’attacco sono stati “colpiti cinque grandi depositi di armi, munizioni, carburante e lubrificanti, campi di addestramento per militanti nelle aree degli insediamenti di Serakab, Al-Bab, Aleppo e Deir el-Zour, tre punti di controllo dei militanti vicino alle città di Jafr e Deir el Zour e un significativo numero di militanti”. Tutti gli obiettivi del raid, ha precisato il ministero della Difesa russo, venivano utilizzati dai “gruppi di militanti che operano nella zona di Aleppo”. L’azione è stata coordinata con copertura aerea ai cacciabombardieri condotta dai Su-30cm e dai Su-35, partiti dalla base siriana di Hmeimim, utilizzata ormai da quasi un anno da Mosca, o dal mare, o dalla base di Mozdok, nel Caucaso del Nord, cosa che implica un volo più lungo di almeno 1.000 chilometri rispetto all’opzione iraniana. Nel comunicato la Difesa russa indica tra gli obiettivi postazioni di Al Nusra, a indiretta conferma che Mosca rifiuta di credere nella trasformazione di questo gruppo nato da Al Qaida e che di recente si è ribattezzato ‘Fronte Fatah al Sham’ (Fronte della conquista del Levante; ovvero la Grande Siria), chiedendo di essere escluso dalla lista dei gruppi terroristi. Oggi Human Rights Watch ha accusato l’aviazione da guerra del regime siriano ma anche quella russa di avere utilizzato ripetutamente ordigni incendiari negli attacchi contro i civili in Siria. L’ong ha sostenuto di avere documentato l’uso di queste armi in almeno 18 episodi da giugno scorso. Ci sono “prove lampanti” che la Russia abbia sostenuto gli aerei del governo siriano in questi attacchi: “Il governo siriano e la Russia dovrebbero smettere immediatamente di attaccare aree civili con armi incendiarie”, ha affermato Steve Goose, direttore di Hrw. “Gli ignobili attacchi con armi incendiarie in Siria dimostrano la miserabile violazione della legge internazionale che vieta l’uso di questi strumenti di guerra”. Anche l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha documentato l’uso di termite, una sostanza incendiaria, da parte di aerei russi sulle province di Idlib, Aleppo, Deir al Zour e Raqqa.

Sempre secondo l’Osservatorio, oggi almeno 19 civili, tra cui tre bambini, sono stati uccisi oggi in “intensi” raid aerei su due quartieri controllati dai ribelli dell’opposizione ad Aleppo. “Gli attacchi, che hanno preso di mira i quartieri di Sakhour e Tariq al-Bab, hanno causato anche decine di feriti, alcuni sono in gravi condizioni”, ha detto a France Presse, il direttore dell’Ong, Rami Abdel Rahman, il quale non è stato in grado di specificare se si sia trattato di azioni di aerei russi o dell’aviaizone del regime del presidente Bashar al Assad. Sul fronte diplomatico, invece, gli Stati Uniti “non hanno alcun annuncio da fare” su un imminente accordo con la Russia per la città siriana di Aleppo: in una dichiarazione all’agenzia russa Sputnik, il Dipartimento di Stato americano non ha smentito né confermato, ma pare prendere tempo su quanto detto ieri dal ministro russo della Difesa Sergei Shoigu, secondo cui Mosca e Washington sono “vicini” al lancio di operazioni congiunte ad Aleppo, divisa dal 2012 tra quartieri ribelli all’Est e quartieri pro-regime all’Ovest e cruciale per l’esito della guerra siriana e il futuro del Paese mediorientale. “Siamo in una fase molto attiva dei negoziati con i nostri partner americani e in contatto quasi permanente con Washington”, ha affermato ieri Shoigu in una intervista trasmessa dalla tv russa. “Avanziamo tappa dopo tappa verso una configurazione, e non sto parlando solo di Aleppo, che ci permetterà di individuare bersagli comuni e di cominciare a combattere assieme affinché la pace si instauri su questa terra che soffre da troppo tempo”.