Sisma in Myanmar, il conto delle vittime esplode a oltre 2mila: “Il peggio deve ancora venire”

Il Myanmar lotta contro una delle peggiori calamità naturali della sua storia recente. Il terremoto di magnitudo 7,7 che ha colpito il nord-centrale del Myanmar venerdì è diventato un incubo che non accenna a placarsi. Il bilancio delle vittime continua a salire, raggiungendo quota oltre 2mila morti, con oltre 3.400 feriti e centinaia di dispersi. Le vittime potrebbero essere più di 10mila e almeno 3mila gli edifici crollati.
Un bilancio che cambia di ora in ora e che è ancora ben lontano da quello definitivo. Intanto, una nuova scossa di magnitudo 5,1 ha colpito nei pressi di Mandalay, aggravando ulteriormente la situazione. L’epicentro, situato a pochi chilometri da Mandalay e dalla regione di Sagaing, ha causato devastazioni su larga scala. Secondo il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS), il terremoto si è verificato a una profondità di soli 10 chilometri, amplificando la sua forza distruttiva.
Un Paese in ginocchio
La potenza del sisma ha raso al suolo interi quartieri, trasformato strade in cumuli di macerie e abbattuto ponti vitali per i collegamenti tra le regioni. A Mandalay, il crollo del condominio Sky Villa, un edificio di dodici piani, ha intrappolato più di 100 persone sotto tonnellate di cemento e acciaio. “Oggi abbiamo trovato 30 corpi”, ha raccontato un operatore umanitario sul campo. “Recuperiamo corpi senza vita dai cumuli di macerie. La situazione è davvero grave”.
Una crisi aggravata dal conflitto civile
Il Myanmar non era preparato per una catastrofe di queste dimensioni, soprattutto in un contesto politico e sociale già fragile. Da quando l’esercito ha rovesciato il governo democraticamente eletto di Aung San Suu Kyi nel 2021, il Paese è precipitato in una guerra civile tra la giunta militare e gruppi ribelli pro-democrazia.
Nella regione di Sagaing, epicentro del disastro, la situazione è particolarmente critica. Le comunicazioni sono state interrotte, e l’accesso a internet è stato bloccato dalla giunta militare, isolando ulteriormente le comunità più vulnerabili.
L’ostacolo dei soccorsi
Le operazioni di soccorso sono ostacolate da strade impraticabili, ospedali sovraccarichi e una cronica carenza di forniture mediche. L’Onu ha lanciato un appello urgente per coordinare gli aiuti internazionali, ma l’arrivo di questi ultimi è rallentato dalle difficoltà logistiche e dalla complessità del contesto politico. “La risposta al terremoto è resa molto più difficile dalla situazione preesistente”, ha dichiarato un portavoce dell’ufficio Ocha delle Nazioni Unite.
La solidarietà internazionale
Nonostante le difficoltà, la comunità internazionale si sta mobilitando. La Cina, l’India e la Russia hanno inviato squadre di soccorso e materiali di emergenza. Pechino ha stanziato 100 milioni di yuan, mentre Nuova Delhi ha inviato aerei carichi di rifornimenti medici e specialisti di ricerca e salvataggio.
Anche gli Stati Uniti hanno promesso sostegno. Hong Kong ha inviato una squadra di 51 persone con 9 tonnellate di attrezzature, e la Corea del Sud ha annunciato un contributo di 2 milioni di dollari.
Un futuro incerto
Gli aiuti internazionali rischiano di essere insufficienti rispetto alle necessità del Myanmar. Oltre 3,5 milioni di persone sono state sfollate a causa del conflitto, e circa 20 milioni vivono in condizioni di estrema vulnerabilità. Il terremoto ha esacerbato una crisi umanitaria già insostenibile. “Non sappiamo esattamente quanti morti ci siano”, ha detto un operatore umanitario. “Ma sappiamo che la situazione è disperata, e temiamo che il peggio debba ancora venire”.
In questo scenario di devastazione e dolore, il Myanmar attende un barlume di speranza. Ma mentre le scosse di assestamento continuano a scuotere il suolo e il conflitto civile impedisce un’efficace risposta umanitaria, il futuro appare sempre più incerto per milioni di persone che hanno già perso tutto.