Un ‘cerchio magico’ che avrebbe gestito la macchina milionaria dei beni sequestrati e confiscati. Magistrati, amministratori giudiziari, professionisti. Tutti tasselli di un vasto e consolidato “sistema”, che ha dato corpo a un “modello criminoso, familistico e clientelare di gestione”. Cosi’ l’aveva definito la Procura di Caltanissetta quando il 20 ottobre dispose il sequestro di beni per circa 900.000 euro a carico dell’ex presidente della Sezione misure di prevenzione Silvana Saguto (foto) e di alcuni amministratori giudiziari. Allora si chiuse in modo clamoroso e quasi paradossale il primo cerchio di questa complessa indagine: un sequestro di beni a chi gestiva la macchina delle confische. Quelli di Saguto, del marito Lorenzo Caramma, dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara erano i primi tre nomi inseriti nell’avviso di conclusione delle indagini notificato ai venti indagati lo scorso 1 febbraio. A distanza di pochi mesi, oggi a Caltanissetta e’ iniziata l’udienza preliminare, ma senza il ‘re’ degli amministratori giudiziari, Cappellano Seminara, che ha infine scelto il rito immediato. La richiesta del suo legale e’ stata accolta ieri e il processo per lui iniziera’ il 2 ottobre. Sono 77 i capi d’accusa che vanno dall’associazione per delinquere alla corruzione e all’abuso d’ufficio, passando per il falso, la truffa e il peculato. Lo Stato, insomma, processa la ‘cattiva antimafia’ e attraverso l’Avvocatura chiede agli accusati un risarcimento per danni patrimoniali e d’immagine per 15 milioni di euro. E’ significativo, cosi’, che l’udienza di oggi sia iniziata con la richiesta di costituzione di parte civile avanzata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dai ministeri della Giustizia, dell’Interno, dell’Economia e delle Finanze, dal Comando generale della Guardia di finanza, dall’Agenzia dei beni sequestrati alla criminalita’ organizzata e da alcune aziende sottoposte ad amministrazione giudiziaria.
Il legale dell’Avvocatura dello Stato Salvatore Faraci ha parlato oggi di “un’associazione a delinquere finalizzata ad inquinare la gestione dei beni sequestrati”, e di “attivita’ delinquenziale e predatoria”. I beni sequestrati alla mafia “e destinati successivamente alla collettivita’, non possono servire per le carriere dei figlioletti o a ingrossare i conti correnti di qualcuno”. A sostenere l’accusa in aula, il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone. Il gruppo di magistrati, avvocati, amministratori giudiziari e investigatori avrebbe gestito in maniera privatistica e con una serie di favoritismi i beni sequestrati e confiscati a Palermo, citta’ in cui si registra il numero massimo in Italia di questo tipo di provvedimenti. Sono stati redatti, hanno spiegato i magistrati, oltre centotrenta verbali di assunzioni di informazioni da persone informate sui fatti; sono state compiute decine di mirate acquisizioni documentali, presso diversi uffici giudiziari siciliani, presso le Universita’ di Palermo e di Enna, presso la prefettura di Palermo e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia. Sono stati analizzati gli atti di oltre cinquanta procedure di prevenzione, spesso con i relativi provvedimenti di liquidazione, secondo, hanno spiegato i magistrati, “un andamento a spirale e un metodo di riscontri progressivi tra esiti delle attivita’ di intercettazione, analisi della documentazione acquisita ed esame delle persone informate sui fatti che ha consentito di tessere strettamente insieme gli elementi raccolti, di farli dialogare con ordine, di dare corpo al ‘sistema’”. Come descritto da un amministratore giudiziario – persona lesa del delitto di concussione, Silvana Saguto “intratteneva rapporti esclusivi con le persone che le interessavano”, secondo un modulo “a margherita, ossia senza vi fosse alcuna interferenza tra i rapporti che facevano capo a lei”, rapporti che la vedevano al centro, e da cui si dipartivano “petali” e “raggi”, non comunicanti tra loro, rappresentati da professionisti, amministratori giudiziari, colleghi, cancellieri, ufficiali di polizia giudiziaria, rappresentanti del mondo universitario e giornalisti, “dai quali traeva vantaggi e utilita’ di varia natura”.
Gli indagati “erano riusciti a strutturare l’attivita’ della Sezione Misure di prevenzione e la gestione dei patrimoni in sequestro secondo modelli organizzativi criminosi, e a creare un sistema di arricchimento illecito improntato a criteri familistici e clientelari”. Nella lista degli indagati ci sono, oltre alla Saguto e al marito Lorenzo Caramma, anche altri giudici, tra cui Tommaso Virga, ex componente del Csm, ma anche gli altri giudici del collegio presieduto dalla Saguto, Fabio Licata e Lorenzo Chiaramonte. Poi l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, sostituita proprio dopo lo scoppio dello scandalo. In elenco anche Carmelo Provenzano, ricercatore universitario presso l’Universita’ Kore di Enna, Roberto Nicola Santangelo, Walter Virga, figlio di Tommaso, nato nel 1980 e, all’eta’ di 33 anni, nominato amministratore di un patrimonio da 800 milioni di euro. Nella lista uno dei figli dell’ex presidente sotto inchiesta, Emanuele Caramma, il padre dello stesso magistrato, Vittorio Pietro Saguto, e ancora Roberto Di Maria, Maria Ingrao, Calogera Manta, Rosolino Nasca, Luca Nivarra, Aulo Gabriele Gigante, Antonino Ticali e infine Elio Grimaldi, assistente giudiziario del Tribunale di Palermo. Intanto, dopo l’udienza preliminare aperta – e subito rinviata – questa mattina davanti al gup di Caltanissetta, il ‘sistema Saguto’ e’ al vaglio della disciplinare del Csm, dove oggi pomeriggio ha preso il via il procedimento che vede come principale incolpata Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, ora sospesa dalle funzioni e dallo stipendio. Il ‘tribunale delle toghe’, presieduto dal vicepresidente Giovanni Legnini, ha stralciato alcune incolpazioni che riguardano anche i fatti di rilevanza penale, su cui il gup di Caltanissetta e’ chiamato a decidere se rinviare a giudizio 19 imputati, tra cui Saguto. La disciplinare tornera’ a occuparsi dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione di Palermo il prossimo 20 luglio, dato il suo “legittimo impedimento” dovuto all’udienza di oggi a Caltanissetta nel corso della quale lo Stato ha chiedo i danni.