Ma questo è solo il primo stadio della proposta. “Questa operazione – spiega ancora il presidente di Smc di per sè non produce però un beneficio perchè la banca rimane proprietaria di questi crediti deteriorati e quindi non puliamo il bilancio. Da qui il secondo strumento legato alla nostra proposta, che è la scissione. Attraverso la scissione viene trasferito di fatto questo prestito sul portafoglio non performing insieme a tutti i crediti non performing, alle riserve e agli accantonamenti fatti a fronte e all’eventuale deficit di capitale, che è il differenziale tra il prezzo nominale del finanziamento e il valore netto di libro di questi strumenti. Avendo fatto una scissione, tutto l’eventuale recupero oltre il valore del prestito rimane in capo agli azionisti della banca che sono azionisti della società beneficiaria. In sostanza questo differenziale si lascia in mano agli azionisti della banca e l’azione che hanno in mano la si divide in due. Da una parte hanno la ‘bad company’ e dall’altra hanno la banca. con la differenza che la banca è pulita e a questo punto è più contendibile, vale di più, e che la somma dei due pezzi vale di più di quello che era il pezzo unico”. Lo schema illustrato da Francesco Caputo Nassetti è stato vicinissimo ad essere applicato in una vicenda bancaria recente, con la supervisione delle autorità monetarie.
“Questo meccanismo – spiega ancora – l’abbiamo studiato con le autorità di vigilanza in relazione a una fattispecie concreta per la quale peraltro non abbiamo avuto il tempo fisico di farla perchè poi è stata individuata un’altra soluzione. Però la nostra proposta è stata vista, analizzata, studiata da Bankitalia e dalla Bce. E’ uno schema che aiuta a superare il problema di fondo che è il seguente: le banche italiane hanno questi 360 miliardi di crediti deteriorati che sono un pò il tallone d’Achille perchè non consentono di fare il proprio mestiere come vorrebbero. Di questi 360 miliardi 210 sono sofferenze, che sono coperte circa per il 60%. Quindi circa il 40% è il valore netto di libro. Se dunque il mercato quotasse e comprasse anche con la cessione tradizionale questi crediti a sofferenza per 40 rispetto al nominale non ci sarebbe nessun problema, le banche le potrebbero vendere e la storia sarebbe finita. Il problema è che il mercato, gli investitori offrono una cifra molto più bassa di quei 40 e per questo motivo le banche sono riluttanti a vendere, perchè questa differenza tra 40 e 20 che gli offre il mercato è una ulteriore perdita che va a conto economico”. Questo, secondo l’ad di Swiss Merchant Corporation, “è il motivo per il quale queste operazioni di cessione di crediti deteriorati negli ultimi anni sono state molto poche in termini assoluti d’importo rispetto a quello che avrebbero potuto essere. E il motivo è solo questo. Le banche quei crediti preferiscono tenerseli, gestire il recupero e portare a casa loro quel 40. Se li vendono oggi prendono 20 e si scordano la possibilità di recuperare il differenziale. Con quest’operazione si consente comunque di portare a casa quel differenziale in capo ai soci della banca”.