La ripresa, seppur “modesta”, continua; la domanda interna “si rafforzarà” grazie anche all’abolizione della tassa sulla casa; l’implementazione delle riforme andrà avanti spingendo potenzialmente la crescita e stabilizzando il debito pubblico ancora “molto alto”. E’ questa la fotografia dell’Italia scattata da Standard & Poor’s, che ha confermato il suo rating di lungo termine sul nostro Paese a BBB- e quello di breve termine ad A-3 con outlook stabile. Per quanto “ricca e diversificata”, l’economia italiana resta “non sincronizzata con il resto dell’Eurozona, riflesso della recessione lunga e profonda che ha colpito l’Italia dal 2008 e della scarsa risposta della classe politica nell’affrontare le sfide strutturali e la perdita di competitività”, che può essere rilanciata grazie anche “all’obiettivo del governo di ridurre il cuneo fiscale”. L’amministrazione del presidente del Consiglio Matteo Renzi incassa la fiducia di S&P, che ne loda la “determinazione” nel continuare ad attuare il suo programma di riforme “nonostante una maggioranza piccola e una opposizione intensa, anche all’interno della coalizione di governo”. L’agenzia di rating cita riforme “importanti” come quella del sistema dell’istruzione, del mercato del lavoro, delle banche popolari, del sistema elettorale e del Senato. Insieme alla riforma elettorale e costituzionale, il processo legislativo italiano sarà “più efficiente”, dice S&P, e “faciliterà il ruolo esecutivo del governo”. Ma altre riforme come quella della pubblica amministrazione e della Giustizia, sebbene siano in canna, “sembrano progredire lentamente e probabilmente non accelereranno prima delle prossime elezioni generali”.
Per S&P, le prossime elezioni municipali in varie grandi città così come il possibile referendum sulla riforma del Senato nel 2016 e potenziali elezioni anticipate a inizio 2017 limiteranno la portata delle politiche economiche del governo”. S&P resta comunque tutto sommato ottimista, almeno tanto quanto il Fondo monetario internazionale che nell’ambito degli Annual Meetings di Lima (Perù) dello scorso ottobre aveva aveva promosso l’Italia bocciando invece le stime di crescita globale nel suo World Economic Outlook. E sempre in quell’ambito anche Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, aveva riconosciuto come “il governo Renzi è molto ambizioso in termini di riforme” prevedendo che una tale strategia “darà frutti”. S&P prevede un Pil in Italia in crescita quest’anno dello 0,8% per poi accelerare a circa l’1,3% all’anno tra il 2016 e il 2018 grazie alla graduale ripresa della domanda. Ciò segue una contrazione media annua del Pil dello 0,7% tra il 2011 e il 2015. Per l’agenzia il Pil reale difficilmente ritornerà ai livelli pre-crisi prima dell’inizio del 2024. Le stime di S&P per questo e il prossimo anno sono identiche a quelle dell’Fmi. Per S&P il rating dell’Italia è limitato dalla debolezza nel Pil nominale e reale e dall’erosione della competitività, che stanno pesando sulla sostenibilità dello stato delle finanze pubbliche. “Anche il peso molto grande del debito” condiziona il rating. S&P fa notare che il debito pubblico è il terzo più alto tra tutti i 130 Paesi su cui l’agenza ha un rating. In testa c’è la Grecia e il Giappone. Secondo l’agenzia il debito/Pil italiano raggiungerà quest’anno il picco del 131% per poi scendere “lentamente”. Il deficit in rapporto al Pil è atteso l’anno prossimo al 2,4%. L’inflazione dovrebbe restare bassa.