Politica

Spacchettamento e tensioni in M5s-Pd frenano partita sottosegretari

Non è ancora chiusa la partita dei sottosegretari del governo Draghi. L’ostacolo al completamento della squadra guidata dall’ex numero uno della Bce è politico ma anche tecnico. Da un lato la difficoltà di M5s e Pd nel compilare le liste dei nomi di sottogoverno e dall’altro la grana dello spacchettamento dei ministeri richiesto dalla nascita del nuovo dicastero della Transizione ecologica affidato a Roberto Cingolani. Oggi, a quanto si apprende da fonti di governo, si è tenuta una nuova riunione a Palazzo Chigi sullo spacchettamento. Nelle intenzioni di Draghi, come comunicato al Quirinale quando ha sciolto la riserva, il ministero dell’Ambiente avrebbe assunto la denominazione di Ministro per la Transizione ecologica, assorbendo le competenze in materia energetica attribuite ad altri ministeri. Tra questi il Mise: ma sullo scorporo dell’energia dal ministero del leghista Giancarlo Giorgetti la discussione è ancora aperta. Altro capitolo il ruolo di Vittorio Colao.

Nominato alla guida di un ministero senza portafoglio, il ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale si profila per lui, a quanto riferiscono fonti di governo, la presidenza del comitato interministeriale sulla digitalizzazione del paese che verrà istituito presso il Mef con tutti i ministeri competenti. Quanto ai sottosegretari, il puzzle è affidato al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli in contatto costante con i partiti per raccogliere le rose di nomi. Lega e Fi riferiscono di aver fatto la loro proposta. Al Carroccio spetterebbero 8-9 posti: Stefano Candiani agli Interni, Massimo Bitonci all’Economia, Lucia Bergonzoni alla Cultura, Edoardo Rixi alle Infrastrutture, Claudio Durigon al Lavoro, Centinaio all’Agricoltura, Vanna Gavia all’ambiente. A Fi dovrebbero spettare tra i 6 e i 7 sottosegretari: agli Esteri Valentino Valentini, Andrea Mandelli alla Sanità, Francesco Battistoni all’Agricoltura, Francesco Paolo Sisto alla Giustizia, Gilberto Pichetto Fratin all’Economia, Maria Alessandra Gallone all’Istruzione. E ancora Giorgio Mulè. A Italia Viva dovrebbero spettare due posti, uno a Leu e uno al blocco centrista (tra Azione, Più Europa e Centro democratico si vedrà).

Più problematica appare la compilazione della lista di M5s e Pd. Ai 5 stelle, ridimensionati dalla decisione di 40 parlamentari di votare no alla fiducia, dovrebbero spettare 11 o 12 sottosegretari. Nel gruppo dei pentastellati, lacerato dalle espulsioni, è in atto un tutti contro tutti che tuttavia dovrebbe portare alla conferma dei sottosegretari e viceministri uscenti. Laura Castelli, Stefano Buffagni, Giancarlo Cancelleri, Pierpaolo Sileri, Angelo Tofalo. Non è più serena la situazione nel Pd alle prese con la necessità di riequilibrare, a detta dello stesso segretario Nicola Zingaretti, la presenza dem tutta maschile nei ministri del governo. In corsa ci sarebbero le sottosegretarie uscenti Alessia Morani, Simona Malpezzi, Sandra Zampa, Anna Ascani, Lorenza Bonaccorsi ma anche Marianna Madia e Cecilia D’Elia, presidente della conferenza nazionale delle donne del Pd. I dem vorrebbero confermati anche Matteo Mauri all’Interno, Antonio Misiani al Mef e Roberto Morassut all’Ambiente (ora Transizione ecologica).

La presidente del partito Valentina Cuppi ha chiesto che la questione delle donne al governo debba essere affrontata dalla direzione del partito in programma giovedì 25. Ma questo vorrebbe dire rinviare il completamento della squadra di governo al fine settimana, considerato che Draghi giovedì e venerdì è impegnato, in videoconferenza, al consiglio europeo. Secondo quanto riferiscono fonti di maggioranza, inoltre, Draghi avrebbe intenzione di nominare un nuovo ambasciatore italiano presso l’Unione europea. L’attuale rappresentante, Maurizio Massari, in scadenza quest’anno, è stato prorogato fino a maggio ma il premier, secondo quanto riferiscono le stesse fonti anche se Palazzo Chigi non conferma, pensa a un profilo con un peso più politico, anche se scelto comunque tra il corpo diplomatico e non, come invece fece Matteo Renzi con Carlo Calenda, direttamente dalla politica.

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