Il voto regionale di domenica in Andalusia apre la lunga stagione elettorale spagnola che culminerà nelle politiche del prossimo novembre e che potrebbe sancire la fine del bipolarismo in vigore dal 1982. A minacciare l’egemonia della destra post-franchista – incarnata oggi nel Partido Popular – e del Partito Socialista (al quale i comunisti non hanno mai fatto ombra nonostante il ruolo primario nella resistenza interna durante la dittatura) sono arrivate, complice la crisi economica, le formazioni populiste di “Podemos” e di “Ciudadadanos”, accreditate di un amplissimo consenso. Secondo i sondaggi pubblicati dal quotidiano spagnolo El Pais Podemos sarebbe oggi addirittura il primo partito nelle intenzioni di voto per le politiche, con il 22,5% delle preferenze davanti al Psoe risalito al 20,2%; il Pp, attualmente al governo, è solo terza forza con il 18,6% tallonato da Ciudadanos (schierato su posizioni conservatrici) con il 18,4%.
Quale che sia la scelta socialista – dalla tradizionale alleanza con i comunisti di Izquierda Unida, pur in calo di consensi, all’asse “istituzionale” contro-natura ma già sperimentato nei Paesi Baschi con il Pp – il 24 maggio un nuovo turno di amministrative e regionali chiarirà ulteriormente il nuovo panorama della politica spagnola, alle prese con molti problemi – in primis quello catalano, dove il voto regionale con al centro la questione indipendentista avrà luogo il 27 settembre – ma che si ritrova sempre più frammentata. Le decisioni della nuova leader dei socialisti andalusi, Susana Diaz (foto), avranno quindi un’importanza che va al di là dei confini della regione: se il Psoe dovesse infatti optare per un’alleanza stabile con altre forze politiche è probabile che la stessa ricetta possa essere applicata anche a livello nazionale, se l’equilibrio fra i partiti dovesse rimanere sostanzialmente lo stesso.