A poco più di tre settimane dopo le inconcludenti elezioni anticipate in Spagna, il nuovo parlamento di Madrid (in spagnolo Cortes Generales) si riunisce domani 17 agosto sotto una nuvola di incertezza politica che potrebbe sfociare in un nuovo voto entro la fine dell’anno. Infatti anche se il Partito popolare (PP) di destra di Alberto Nunez Feijoo ha vinto le elezioni di luglio con 137 seggi, è ben al di sotto dei 176 necessari per governare, pur con il sostegno della destra di Vox (33 seggi) e con il sostegno di un piccolo partito regionale.
Mentre il primo ministro uscente Pedro Sanchez, i cui socialisti hanno ottenuto 121 seggi, ha per ora solo il sostegno del suo alleato di sinistra radicale Sumar (31 seggi). “A due giorni dalla costituzione delle nuove Cortes, le trattative dell’Esecutivo in carica con i gruppi indipendentisti catalani si sono arenate” scrive allarmato El Pais. L’aritmetica è chiara: in un sorprendente scherzo del destino, è il leader separatista catalano Carles Puigdemont, ricercato dalle autorità giudiziarie spagnole per il suo ruolo nella crisi del 2017, che detiene le chiavi del destino del prossimo governo spagnolo. E potrebbero essere i voti di sette deputati legati a lui a fare la differenza.
I 350 legislatori eletti il 23 luglio si riuniranno domani a Madrid per una nuova sessione parlamentare per scegliere un nuovo presidente dell’assemblea, mentre Puigdemont sarà a Bruxelles, dove vive in esilio dalla fallita candidatura catalana per l’indipendenza del 2017. Junts per Catalunya “sta già premendo al massimo e mette in pericolo il piano di Psoe e Sumar per ottenere il controllo del Congresso, un passo che precede il tentativo di rinnovare il governo di Pedro Sánchez” scrive oggi El Pais. “Junts già pretende gesti pubblici sulle sue massime richieste, a cominciare da quella dell’amnistia”, aggiunge.
Il partito di Carles Puigdemont ha già chiarito l’intenzione di prolungare l’incertezza fino alla fine e di mostrare nel modo più lampante che l’ ex presidente fuggito in Belgio è diventato l’arbitro della situazione politica. Il governo in carica, con i socialisti al timone, sperava di limitare il negoziato a questioni di pura operatività del Congresso e di rimandare quelle spinose, le rivendicazioni politiche del movimento indipendentista, a un momento successivo, quando l’investitura di Sanchez sarebbe stata considerata.