Il Partito popolare in Spagna si conferma primo, ma senza maggioranza assoluta, pur se rafforzato da 14 deputati in piu’, davanti ai socialisti di Psoe, Podemos e Ciudadanos. La temuta o sperata marea dei partiti anti-sistema non c’e’ stata. Gli exit poll avevano illuso il partito viola di Pablo Iglesias di poter superare i socialisti e guidare un governo di sinistra ma dalle urne e’ emerso che lo scenario piu’ plausibile e’ la Gran Coalicion Pp-Psoe. Podemos, alleato con Izquierda Unida, si ferma a 71 seggi, lo stesso risultato delle elezioni del 20 dicembre scorso. Il Pp di Rajoy (foto) avanza ma non a sufficienza: guadagna 14 deputati, a quota 138 su 350, con il 33% dei voti. A farne le spese e’ il partito moderato anti-establishment Ciudadanos, che scende da 40 a 32 seggi e al 12,9%. I socialisti si fermano al 22,8%, in leggera flessione a 85 deputati contro i 90 che avevano. Finora il leader socialista Pedro Sanchez ha escluso di allearsi con i popolari, ma potrebbe essere l’unico scenario possibile anche perche’ Psoe e Podemos non arrivano insieme alla maggioranza assoluta e servirebbe comunque il sostegno degli indipendisti, come i nazionalisti baschi del Pnv (5 seggi) o quelli catalani di Cdc e Erc (17 deputati).
Sanchez e’ dunque di fronte a un dilemma: alleandosi con i popolari il Psoe rischia di venirne schiacciato e di fare la fine del Pasok in Grecia, scomparso dalla scena politica. Ma con la formazione di Pablo Iglesias c’e’ l’incompatibilita’ sulla Catalogna, visto che il Psoe respinge il referendum sull’indipendenza che trova disponibile Podemos. Di certo, non sara’ facile superare l’impasse nella quarta economia della zona euro per superare lo stallo emerso gia’ dopo il voto del 20 dicembre. Erano quattro i candidati a premier, leader dei rispettivi partiti: il premier uscente Mariano Rajoy, alla guida del Partito Popolare, eletto nel 2011; il segretario del Partito Socialista (Psoe) Pedro Sanchez; Pablo Iglesias, leader di Podemos che per queste elezioni ha stipulato un’alleanza con il partito di estrema sinistra Izquierda Unida, denominata “Unidos Podemos”; Albert Rivera Diaz, leader del partito centrista e anti-sistema Ciudadanos. Insomma, a sei mesi dal voto che mise in stallo la politica, la Spagna e’ tornata alle urne senza riuscire a disegnare una maggioranza netta. Sono stati chiamati al voto 36 milioni di elettori con il concreto pericolo di un risultato praticamente identico a quello dello scorso dicembre: impasse e ingovernabilità.
Infatti, il 20 dicembre scorso, gli spagnoli si sono pronunciati per un cambiamento, togliendo al Partito Popolare del premier conservatore uscente Mariano Rajoy la maggioranza assoluta, malgrado con il 28,7% dei voti i Pp sia rimasto la prima forza politica del Paese e sia dato favorito dai sondaggi anche per questo scrutinio. Il Partito socialista (Psoe) a dicembre aveva registrato il peggiore risultato della sua storia, pur rimanendo la seconda forza politica del Paese. I due partiti avevano dovuto fare spazio a due nuove formazioni, Podemos a sinistra e i liberali di Ciudadanos. Ma la novità ha portato a una dinamica di veti incrociati e in fin dei conti allo stallo e al nuovo voto di oggi. La quarta economia della zona euro è da sei mesi guidata da un governo che può occuparsi solo degli affari correnti e non può lanciare alcuna riforma o rivedere i conti, in un momento così complicato della vita del Paese e dell’intera Europa.