Spazio, scoperta altra fonte di meteoriti che cadono sulla Terra

Uno studio dei ricercatori del Planetary Science Institute di Tucson, Arizona, getta nuova luce sul luogo di origine dei condriti H, il tipo più comune di meteoriti che cadono sulla Terra. In particolare, la ricerca, appena pubblicata su The Astrophysical Journal, sembra dimostrare che almeno alcune di queste meteoritiprovengano da un’altra zona rispetto a quella finora consosciuta. Da tempo gli astronomi – spiega Media Inaf, il notiziario dell’Istituto nazionale di Astrofisica – osservano con attenzione la cintura di asteroidi che si trova fra Marte e Giove, senza però approdare a conclusioni definitive in merito all’origine dei condriti H. Queste, in passato, sono state tradizionalmente legate a Hebe, un grande asteroide collocato nel parte interna della fascia principale degli asteroidi.

Grazie al Nasa Infrared Telescope Facility di Manua Kea, Hawaii, Vishnu Reddy e Lucille Le Corre, membri del team di astronomi che ha seguito la ricerca del Planetary Science Institute, hanno potuto studiare il tipo di minerali di cui è composta la superficie di un asteroide non distante dal nostro pianeta e conosciuto come 2007 PA8. Durante il suo avvicinamento alla Terra nel novembre 2012 è stato possibile confermare che le condriti H di cui è composto sono molto simili ad altre trovate a Terra. 2007 PA8, come tutti gli asteroidi vicini alla Terra, proviene dalla fascia principale degli asteroidi. Ma la sua orbita colloca chiaramente l’origine di questo corpo al di fuori delle regioni ben conosciute della fascia principale. Non tutte le meteoriti sono dunque direttamente riconducibili a Hebe e agli asteroidi che compongono la fascia principale: “Se alcune delle condriti H che arrivano sul nostro pianeta provengono da una regione esterna alla fascia principale degli asteroidi allora con tutta probabilità queste meteoriti ordinarie appartengono alla regione da cui proviene 2007 PA8, e si tratta della famiglia di asteroidi conosciuta come Koronis“, ha spiegato Juan Sanchez, uno degli autori dell’articolo. “Ora abbiamo un pezzo in più per completare il complesso puzzle di ipotesi che riguarda” le condriti H e lo studio “potrebbe contribuire in modo determinante a sciogliere le questioni aperte”, ha concluso.

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