di Maurizio Balistreri
Le votazioni al Senato sulla riforma costituzionale proseguono a ritmi serrati. Ieri l’Aula ha approvato gli articoli 30, 31, 33, 35 e 37, tra i quali il nuovo federalismo con competenze distinte e non più concorrenti tra Stato e regioni e il potere per il nuovo Senato di eleggere due giudici costituzionali, approvato quasi all’unanimità. La maggioranza ha tenuto sempre sui voti segreti, che ci sono stati pur registrando dei cali, fino a 143 voti, per risalire intorno ai 165 quando le votazioni erano palesi. Si chiude anche la partita della norma transitoria con un emendamento del governo che accoglie le richieste della minoranza Pd di avere tempi certi e brevi per la legge elettorale per il nuovo Senato, che sarà operativa per la prima elezione dopo lo scioglimento delle Camere, ma soprattutto dovrà essere applicata subito dalle regioni che per prime andranno al voto.
Il clima, dopo i giorni di dura battaglia parlamentare, è diventato più disteso in Aula con le opposizioni anche se la Lega non ha partecipato alle votazioni. Ieri l’unico scontro si è registrato sull’approvazione di un ordine del giorno del Pd che impegna il governo a ridurre il numero delle regioni, proposta che ha creato scompiglio anche all’interno del Pd. A questo punto, rimangono solo quattro articoli per concludere e nelle previsioni che si fanno a Palazzo Madama si dovrebbe chiudere oggi, lasciando per martedì le dichiarazioni e il voto finali, rinunciando quindi alle sedute di sabato mattina e lunedì pomeriggio. Per farlo però probabilmente occorrerà una riunione dei capigruppo nella quale tra l’altro il Pd potrebbe chiedere di incardinare già il 14 il ddl sulle unioni civili.