La travagliata gestazione del ddl sicurezza in Senato continua a essere un percorso ad ostacoli, caratterizzato da ritardi e tensioni che ne complicano l’approvazione definitiva. Nonostante il fronte comune contro le opposizioni, la maggioranza mostra crepe interne che rallentano l’iter legislativo. Emblematico è quanto accaduto l’11 dicembre, quando l’annuncio del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, di “possibili” modifiche ha innescato la pronta reazione della Lega, decisa a evitare una terza lettura a Montecitorio. Tuttavia, le criticità segnalate dal Quirinale rappresentano un nodo cruciale, poiché ignorarle potrebbe incrinare i rapporti tra Palazzo Chigi e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, cui spetta il compito di promulgare le leggi.
Il risultato è stato uno stallo immediato, con un rinvio della partita al 2024. Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia di Palazzo Madama si sono aggiornate a gennaio, probabilmente non prima della metà del mese, complice anche la sovrapposizione con l’esame del decreto Milleproroghe.
Nuovo terreno di scontro è emerso con l’intervento del Consiglio d’Europa. Venerdì scorso, il Commissario per i diritti umani, Michael O’Flaherty, ha inviato una lettera al presidente del Senato, Ignazio La Russa, denunciando rischi per lo Stato di diritto e chiedendo di bloccare l’approvazione del ddl in assenza di significative modifiche. La risposta di La Russa non si è fatta attendere: «Un’inaccettabile interferenza nelle decisioni autonome e sovrane di un’assemblea parlamentare», ha dichiarato, definendo la richiesta «irrituale e contraria a qualunque principio democratico». Con toni duri, La Russa ha stigmatizzato il contenuto della missiva come fuori luogo e ha ribadito l’indipendenza del Parlamento italiano.
L’esame del ddl al Senato è stato fortemente rallentato dall’ostruzionismo delle opposizioni, che hanno depositato oltre 1.500 emendamenti. Finora, la discussione si è concentrata sui primi articoli, tra cui il controverso articolo 14, che introduce il reato di blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo. Questa disposizione – difesa a spada tratta dalla maggioranza di centrodestra – è stata definita “liberticida” dalle opposizioni e duramente contestata dalla Rete nazionale ‘No ddl sicurezza’, che ha organizzato manifestazioni di piazza e pianifica nuove iniziative di protesta.
Il ddl sicurezza, articolato in 38 articoli, deve ancora affrontare la parte più spinosa del testo, che comprende alcune delle norme più discusse:
Nel mirino delle polemiche c’è anche l’equiparazione della cannabis light alle droghe pesanti, una misura che ha sollevato il dissenso unanime della filiera della canapa industriale, preoccupata per l’impatto sulla normativa europea. Su questo tema, l’esecutivo non sembra intenzionato a fare passi indietro.
Varato dal Consiglio dei ministri nel novembre 2023 e approvato dalla Camera il 18 settembre scorso, il ddl sicurezza introduce più di venti nuove fattispecie di reato, aggravanti e inasprimenti di pena. Tra le misure più emblematiche figurano le norme contro il blocco di strade e ferrovie, le disposizioni ‘anti-Ponte’ e ‘anti-Tav’, il contrasto alle occupazioni abusive e l’autorizzazione per gli agenti di pubblica sicurezza a detenere armi senza licenza anche fuori servizio.
Con il suo percorso accidentato e l’acceso dibattito che ha suscitato, il ddl sicurezza si conferma un banco di prova cruciale per la maggioranza e per il governo, con riflessi che travalicano i confini nazionali e incidono sull’immagine del Paese in Europa.