Starmer ai leader: “Non aspettiamo Putin”. Meloni frena: “No a truppe italiane in Ucraina”

Giorgia Meloni
“Non possiamo starcene fermi ad aspettare che Vladimir Putin si sieda al tavolo della pace. Dobbiamo agire ora”. Con queste parole il premier britannico Keir Starmer ha dato il via a un summit virtuale convocato d’urgenza, coinvolgendo circa 25 leader mondiali per discutere una strategia concreta verso una pace “sicura e duratura” in Ucraina. Ma tra i partecipanti, la posizione dell’Italia, rappresentata da Giorgia Meloni, segna una distanza: “Nessun soldato italiano sarà mandato in Ucraina”, ha ribadito la premier, raffreddando l’entusiasmo di chi, come Londra e Parigi, spinge per un impegno più diretto.
Starmer, padrone di casa dell’incontro, ha insistito sulla necessità di “guardare avanti”, proponendo una “coalizione dei volenterosi” pronta a rafforzare le difese ucraine e a garantire un futuro accordo con Mosca. “Non si tratta solo di armare Kiev oggi – ha dichiarato – ma di costruire una pace che tenga, con una coalizione internazionale disposta a metterci la faccia e, se serve, anche gli stivali sul terreno”. Un riferimento, questo, a possibili truppe europee per monitorare un cessate il fuoco, idea che però non convince tutti.
“No a truppe italiane in Ucraina”
Giorgia Meloni, in collegamento da Roma, ha preso le distanze dal piano anglo-francese. “L’Italia sostiene l’Ucraina con aiuti militari e finanziari, ma inviare truppe è un’altra cosa”, ha detto, secondo fonti vicine al governo. La premier, che nei giorni scorsi aveva proposto di estendere all’Ucraina l’articolo 5 della Nato – la clausola di difesa collettiva – senza però un pieno ingresso nell’Alleanza, oggi sembra voler smarcarsi da soluzioni più rischiose. “Non sono convinta che spedire contingenti europei sia la via più efficace”, avrebbe confidato ai suoi, preferendo un approccio diplomatico che coinvolga anche gli Stati Uniti.
Il vertice, nato sull’onda di crescenti tensioni geopolitiche e dell’incertezza sul ruolo di Washington sotto la presidenza Trump, ha visto toni decisi da parte di Starmer. “La pace non è un regalo che Putin ci concede – ha aggiunto – ma un obiettivo da costruire con forza e unità”. Presenti, tra gli altri, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il francese Emmanuel Macron e i leader di Germania, Canada e Turchia. L’Italia, però, resta cauta: il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sottolineato che qualsiasi missione militare dovrebbe avere un mandato ONU, non solo europeo.
Alleati divisi
Il dibattito riflette divisioni più ampie tra gli alleati. Da un lato, Regno Unito e Francia spingono per un ruolo attivo dell’Europa, anche a costo di un confronto diretto con Mosca. Dall’altro, Meloni e altri leader, come il tedesco Olaf Scholz, temono un’escalation e insistono sulla necessità di tenere gli USA al tavolo. “Una pace senza l’America non regge”, ha ammonito la premier italiana, che nei giorni scorsi ha dialogato con Trump per cercare di ricucire i rapporti tra Washington e Kiev dopo il recente scontro tra il presidente Usa e Zelensky.
Mentre il summit si chiude con la promessa di un piano congiunto da presentare agli Stati Uniti, l’Italia si posiziona come una voce di prudenza. Meloni, forte del suo legame con Trump ma decisa a non cedere sull’invio di truppe, cerca di bilanciare il sostegno a Kiev con una linea meno interventista. Resta da vedere se la “coalizione dei volenterosi” di Starmer prenderà forma e quali Paesi ne faranno parte. Per ora, Roma dice sì alla pace, ma senza scarponi sul campo.