Un altro Natale senza rinnovo del contratto per i dipendenti pubblici, ancora in attesa che venga data attuazione allo sblocco dei rinnovi, come deciso dalla Corte costituzionale che a luglio lo ha dichiarato illegittimo a partire da quel momento. A fare i conti, tabelle alla mano è la Uil che segnala la perdita accumulata, in termini economici, dal 2010 a oggi, cioè da quando non ci sono stati più aumenti dello stipendio. “Prendendo a campione uno stipendio base di 26 mila euro, ogni impiegato, di tasca propria, ha perso in media 2.800 euro lordi in rapporto all’inflazione programmata” afferma Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil. La delusione è stata grande dopo lo stanziamento di 300 milioni di euro nella legge di stabilità di quest’anno e si guarda al 2016 con scetticismo. “Se le risorse che verranno stanziate per i rinnovi saranno di 300 milioni di euro anche per il 2017 e il 2018 non ci saranno le condizioni per firmare l’intesa” prosegue battagliero Foccillo che rilancia “a gennaio, con gli altri sindacati, decideremo cosa fare. Il percorso è avviato”. A preoccupare è anche la perdita economica che riguarda la seconda metà del 2015, da luglio a oggi, un periodo che sembra non essere stato preso in considerazione dal governo. “Dovremmo vederci a un tavolo e invece non si fa niente” incalza Foccillo che punta a una nuova contrattazione di secondo livello per il prossimo anno.
“Occorre liberare il contratto di secondo livello, ci aspettiamo che il governo accetti la sfida del cambiamento a partire dal contratto di secondo livello, o decentrato, in modo che insieme enti e sindacati possano organizzare al meglio il lavoro secondo le esigenze di ciascuna amministrazione, con criteri oggettivi”.- “Se non si cambia l’attuale normativa – sostiene- è difficile rinnovare i contratti. Già mancano i soldi, se vai a ridurre anche quelli del salario accessorio non si può”. Unico spiraglio all’orizzonte sembra la possibile intesa a gennaio per la definizione dei comparti, ridotti da undici a quattro. Una partita di non secondaria importanza perché senza di essa non si può proseguire sulla trattativa. Inizialmente, la proposta del governo era stata di ridurli a tre, ora sembra che l’accordo sia su quattro. “Dopo la fumata grigia, passando da 3 a 4, a gennaio cercheremo di chiudere” spiega il sindacalista che ipotizza la sua geografia del pubblico impiego in base ai due criteri legati alle caratteristiche e alle quantità numeriche. “Un comparto potrebbe includere Ministeri, Agenzie fiscali e Parastato, un altro Autonomie locali, Regioni e Sanità, un altro ancora la Scuola e infine, il quarto, Università, Ricerca e Alta formazione”. Tuttavia, Foccillo si affretta a precisare che “questa è la mia ipotesi, altri ne hanno altre”. La partita dunque non sembra ancora chiusa.