Stati Ue potranno vietare colture Ogm su proprio territorio

E’ stata raggiunta, la notte scorsa a Bruxelles, un’intesa fra le istituzioni europee su un testo legislativo che permetterà agli Stati membri di vietare, sul proprio territorio, la coltivazione di organismi geneticamente modificati (Ogm), approvati a livello comunitario. L’intesa, conseguita durante il negoziato informale del cosiddetto “trilogo” (il “dialogo a tre” fra presidenza di turno italiana del Consiglio Ue e i rappresentanti dell’Europarlamento e della Commissione europea), dovrà essere confermata sia dagli Stati membri che dalla plenaria del Parlamento europeo (in seconda lettura), ma difficilmente subirà ulteriori modifiche. Nel compromesso sono state accolte molte delle richieste che aveva approvato l’Europarlamento nella sua prima lettura, e che hanno rafforzato le posizioni dei paesi tradizionalmente contrari agli Ogm, anche se una delle conseguenze più importanti di questa modifica della legislazione comunitaria sarà di rendere più facile l’autorizzazione a coltivare piante trangeniche nei paesi membri che lo desiderano.

Il nuovo testo, una modifica proposta dalla Commissione europea nel 2010 alla direttiva del 2001 sulle coltivazioni trangeniche (2001/18 Ce), prevede che gli Stati membri contrari all’introduzione di una coltura di Ogm nel loro territorio possano segnalare la propria opposizione gà durante la fase di autorizzazione comunitaria, ma non che debbano farlo necessariamente per poter poi decretare i divieti nazionali (nella proposta originaria il primo passaggio era necessario per passare al secondo). Qualsiasi paese Ue, insomma, potrà notificare alla Commissione europea la sua decisione di proibire la coltura di un Ogm sul proprio territorio – o anche di un gruppo di Ogm con caratteristiche comuni (una novità introdotta dall’Europarlamento) -, in qualsiasi momento, ovvero anche dopo l’autorizzazione comunitaria e senza più alcun limite di tempo (il testo orginario prevedeva entro due anni).

Cade anche l’obbligo per gli Stati membri (inizialmente previsto nella “posizione comune” del Consiglio Ue) di negoziare direttamente con le società biotech, informandole della loro eventuale intenzione di vietare le colture degli Ogm da loro prodotti. Su questo punto, continuerà a essere la Commissione europea a fare da tramite. E comunque se un paese Ue vorrà vietare una coltivazione trangenica, potrà farlo in ogni caso, anche se la società produttrice degli Ogm si oppone. I divieti nazionali potranno essere motivati con ragioni socio-economiche, di politica agricola, per evitare la contaminazione di altri prodotti o anche per ragioni di politica ambientale; a condizione, tuttavia, che non si oppongano, ma siano “distinte e complementari”, alla valutazione di rischio ambientale, che compete alla sola all’Autorità europea di sicurezza alimentare (Efsa).

Nelle zone transfrontaliere, i paesi che coltivano Ogm dovranno adottare misure obbligatorie di “coesistenza”, con limiti di vario tipo, barriere fisiche e altri accorgimenti per impedire la contaminazione transgenica delle colture tradizionali o biologiche oltre confine, a meno che non vi siano barriere naturali come tratti di mare o montagne. Le misure di coesistenza saranno concordate fra i due paesi interessati; Il Parlamento aveva chiesto che l’obbligo fosse generalizzato, e non solo limitato alle aree transfrontaliere. Sono previste, infine, delle clausole, per quanto riguarda gli eventuali casi di contaminazione transgenica (la Commissione dovrà fare un rapporto di monitoraggio ogni quattro annni) che per le linee guida sulla valutazione di rischio ambientale (revisione entro due anni). L’approvazione finale del Parlamento europeo, se l’intesa sarà confermata, è prevista per la sessione di gennaio 2015.

“La decisione finale sulla libertà degli Stati per gli Ogm è a portata di mano”. Ha commentato stamattina il ministro per l’Ambiente, Gian Luca Galletti, che ha partecipato al “trilogo” di Bruxelles, finito poco prima delle due di notte e durato circa sei ore. A rappresentare l’Europarlamento, oltre alla relatrice Frédérique Ries (liberale belga) c’era anche l’italiano Giovanni La Via (Ncd/Ppe), presidente della commissione Ambiente, mentre il responsabile per la Salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, rappesentava la Commissione europea.

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