di Giuseppe Novelli
E’ terminata dopo circa tre ore la deposizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. All’audizione del capo dello Stato, iniziata alle 10.40 e che si e’ conclusa intorno alle 13.40, erano presenti i giudici della Corte d’assise di Palermo, i pm e i legali degli imputati. Il capo dello Stato ha risposto alle domande dei giudici di Palermo “senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa”. Lo ha precisato lo stesso Quirinale al termine dell’udienza, puntualizzando: ora si trascriva “al piu’ presto” la deposizione del presidente della Repubblica in modo che stampa e opinione pubblica siano informati “tempestivamente delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal capo dello Stato con la massima trasparenza e serenita’”.
Versione leggermente diversa da quella del Quirinale è arrivata da Ettore Barcellona, avvocato di parte civile: “Napolitano ha parlato tranquillamente, ha risposto a tutte le domande salvo ogni tanto, quando si scantonava dal capitolato di prova, ha ricordato che per dovere di riservatezza inerente alla sua figura di presidente della Repubblica non poteva entrare nel merito”. L’avvocato del boss mafioso Totò Riina, Luca Cianferoni, ha invece sottolineato che “le udienze non sono mai momenti nei quali si fanno le indagini”. “Ma chi ci avrebbe mai pensato – ha aggiunto il legale – che forse si potrebbe avere una revisione della sentenza di Firenze? Riina non è stato quello che ha voluto queste bombe. Si è parlato dei Georgofili, del padiglione d’arte di Milano, vi pare che persone che venivano dalla Sicilia potevano arrivare là? C’è una regia dietro”. Giorgio Napolitano ha, poi, escluso un suo interessamento nella vicenda delle revoche dei decreti di detenzione dura (41 bis) per i boss all’epoca della trattativa Stato-mafia, ha aggiunto Cianferoni. “Rispetto al 41 bis – ha detto ancora il legale di Riina – se n’è parlato in termini generici. Lui ha detto ‘ero uno spettatore di questa vicenda non sono un giurista’”. Nel corso della sua deposizione al Quirinale Napolitano non ha risposto alla domanda sulla sua posizione in relazione all’allarme sui ricatti dei servizi segreti lanciato dal suo predecessore Oscar Luigi Scalfaro nel famoso discorso del “non ci sto!” di fine 1993, ha proseguito Cianferoni. “La domanda cui non ha risposto – ha spiegato- e’ quella sul collegamento fra sé medesimo e Scalfaro quando fece il discorso ‘non ci sto’, nel quale collegava i servizi segreti alle bombe”. L’avvocato di Riina ha tuttavia precisato che “non e’ stato un diniego di Napolitano ma della corte”, che non ha ammesso la domanda. “Si vede che i tempi non sono maturi”, ha conclusio il legale.
Secondo uno degli avvocati di Nicola Mancino, Nicoletta Piergentile, Napolitano “non ha mai parlato esplicitamente di trattativa e sul fatto di poter essere oggetto di attentato” nel ’92-’93, “ha detto che lui non si era minimamente turbato perché faceva parte del suo ruolo istituzionale”, al termine della deposizione. “Adesso – ha aggiunto Piergentile – si andrà avanti con tutti gli altri testi in calendario”. Infine, il legale del generale Mori, Basilio Milio, ha evidenziato una risposta di Napolitano a una delle domande che gli sono state poste durante l’udienza: “Ci stiamo allontandando molto chilometri dall’alveo della mia testimonianza e la risposta richiederebbe una memoria da Pico della Mirandola”.