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Stefania Craxi succede a Petrocelli con voti della Meloni. Conte insorge: è una nuova maggioranza

Bastano le due prime votazioni nella commissione Esteri del Senato per eleggere la nuova presidente: Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia e figlia dello storico leader del Psi, prevale su Ettore Licheri, candidato del Movimento 5 stelle, con 12 voti contro 9 e un’astensione. Per Giuseppe Conte è uno strappo da non minimizzare: riunisce immediatamente il Consiglio nazionale stellato, poi scandisce: “Oggi registriamo che di fatto si è formata una nuova maggioranza, che spazia da Fratelli d’Italia sino a Italia viva” e avverte il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che “spetta innanzitutto a lui prendere atto della responsabilità di tenere in piedi questa maggioranza”. “Forza Italia voleva la presidenza – lamenta dal canto suo una figura di vertice del Movimento – ma lo ha detto solo al termine di un percorso che era partito con altri presupposti e su altri accordi”. Mentre la nota ufficiale attribuisce la sconfitta alle “nostre battaglie politiche volte a prevenire ulteriori e pericolose escalation militari”. Giornata nervosa, però sia fra i 5 stelle che fra gli alleati c’è scetticismo sulla possibilità che lo scontro porti a conseguenze immediate sugli equilibri parlamentari.

Craxi succede a Vito Petrocelli, senatore del Movimento 5 stelle che con le sue discusse posizioni sulla guerra in Ucraina ha attirato su di sé le ire della maggioranza, la promessa (per ora non formalizzata per ragioni burocratico-giuridiche) di espulsione dal gruppo e dal M5S, e il boicottaggio dei membri della commissione, che si sono dimessi in massa per sollecitare il rinnovo integrale dei componenti dell’organismo. “La politica estera di un grande Paese come l`Italia, per ragioni valoriali e culturali, ancor prima che storiche e geopolitiche, non può non avere chiari connotati atlantici, un atlantismo della ragione che non ammette deroghe ma non accetta subalternità”, è la dichiarazione programmatica diffusa dopo il voto dalla neopresidente.

Entrambe le votazioni richiedevano la maggioranza dei componenti della commissione, che sono 22, i due candidati partivano sulla carta con almeno 8 voti a testa, da FI-Lega-FdI Craxi, da M5S-Pd Licheri: nella prima l’esponente azzurra ha preso 11 voti contro 9, due astenuti. Nella seconda una astensione è venuta meno: 12 a 9 i voti espressi, fedele alla scheda bianca Pier Ferdinando Casini, fra i primi a stigmatizzare la spaccatura della maggioranza parlamentare, “bocciata”, ha commentato il parlamentare eletto nel Pd ma iscritto al gruppo delle Autonomie. I voti “dubbi” sono quelli di Italia viva, che bacchetta, nelle parole del suo capogruppo Davide Faraone la scelta “irresponsabile” di andare alla conta, quello del senatore a vita Mario Monti e quello del rappresentante del nuovo gruppo Cal, che comunque col suo presidente Mattia Crucioli ribadisce che sia Craxi che Licheri erano candidati “inadeguati”.

A palazzo Madama i 5 stelle, oggi in trincea contro chi li vuole “emarginare”, parola di Conte, vengono additati come i primi ma non unici responsabili del muro contro muro che ha lacerato nuovamente la coalizione che sostiene il governo Draghi. “Non hanno neppure tentato – dice un parlamentare di centrosinistra estraneo alla commissione – di virare su Simona Nocerino, che essendo considerata ‘dimaiana’ poteva forse raccogliere qualche consenso in più. Risultato: il Governo non salta ma la maggioranza è sempre più fragile. Tuttavia, è anche vero che l’azione è stata premeditata, si sapeva che Forza Italia voleva quella presidenza e che una volta partita l’operazione contro di loro e contro Conte, sarebbe andata in porto comunque. Siamo sotto elezioni ed è una sciocchezza illudersi, come fa qualche ‘centrista’, che il centrodestra si dividerà: vanno insieme con FdI alle amministrative e andranno insieme alle politiche”. Fra i 5 stelle, nonostante l’enfasi data da Conte all’evento, più di un parlamentare ostenta tranquillità: “Si sapeva che Ettore non ce l’avrebbe fatta – dice una senatrice – ma il Governo non è caduto per cose più gravi come l’invio di armi, non salterà sulla presidenza di una commissione”. Quanto alle voci che danno in crescita i dissensi contro Conte, “sono minoranza estrema, almeno nel gruppo al Senato”, garantisce un suo collega di lungo corso.

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