Porta avanti imperterrito la crociata contro gli ‘stipendi d’oro’ del parlamento siciliano, ma esonera alcune società partecipate da applicare un tetto massimo agli emolumenti dei proprio dipendenti. In sostanza, Rosario Crocetta, predica bene e razzola. I fatti. “Riproporro’ sempre il tema in ogni finanziaria, non ci rinuncio, fino a quando non saranno riallineati e ridotti i costi dell’Ars”, chiosa il governatore della Sicilia, sottolineando che “i privilegi del passato sono duri a morire”. “Non e’ solo una questione di spending review – evidenzia – e’ un problema di etica e di giustizia” E si chiede: “Perche’ le figure apicali dell’Ars devono guadagnare 240 mila euro e non 160 mila euro? E’ incomprensibile ai cittadini e alla buona politica”.
A sferrare un colpo basso a Crocetta, pensa Vincenzo Vinciullo che parla di “aumento indiscriminato di compensi, in periodo di crisi, che i siciliani dovrebbero sobbarcarsi e contro il quale ci batteremo con tutte le forze”. Il vice presidente della commissione Bilancio dell’Ars, in pratica, accende i riflettore su uno degli articoli della finanziaria ter varata del governo Crocetta, ed esattamente il 35 che nel suo comma 11, esonera alcune società, tra le quali Riscossione Sicilia, Irfis Finsicilia, Asti e Sicilia e Servizi, dall’applicazione di un “saggio principio inserito nella finanziaria 2010, con il quale si prevedeva un tetto per i compensi degli organi di amministrazione: non più di 50.000 euro pro capite”, puntella Vinciullo. “Meno male che sono certo che il presidente Ardizzone, nel suo preesame del ddl – conclude l’esponente Ncd – saprà espungere tutte quelle parti demagogiche che in Aula non dovrebbero nemmeno arrivare”.