Storico accordo Fatah-Hamas, ma molto resta ancora in sospeso tra i due movimenti palestinesi

Storico accordo Fatah-Hamas, ma molto resta ancora in sospeso tra i due movimenti palestinesi
Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh (sx) e il presidente del partito Al-Fatah, Abu Mazen
13 ottobre 2017

L’accordo tra Fatah e Hamas, firmato ieri al Cairo dopo due giorni di intensi colloqui, segna una nuova tappa della riconciliazione tra i due movimenti palestinesi rivali dopo un decennio di dissensi che ha contribuito a congelare di fatto i tentativi di pace con Israele e il riconoscimento internazionale di uno Stato palestinese. Ecco i punti chiave dell’accordo e quelli che restano in sospeso. Il patto tra il gruppo palestinese Hamas, che controlla la striscia di Gaza dal 2007, e Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, prevede di fare passi concreti come il passaggio della gestione di Gaza al governo di unità nazionale dall’1 dicembre, il dispiegamento di 3.000 uomini della sicurezza dell’Anp per prendersi carico dell’ordine pubblico della Striscia di Gaza e dei confini con Egitto e Israele e l’arrivo di Abu Mazen a breve, entro un mese, dopo 10 anni di assenza. Uno dei punti focali è sicuramente il riconoscimento di un “governo di unità”, emanazione dell’Anp, che prenderà in carico la Striscia di Gaza e la Cisgiordania tra poco meno di due mesi. Dopo anni di tentativi e una mediazione fallita dallo stesso Egitto nel 2011, gli esperti hanno sottolineato che i colloqui del Cairo hanno registrato un atteggiamento più pragmatico sia da parte di Hamas che di Fatah, rispetto al rischio di un’esplosione sociale, causato dalla povertà dilagante e le sanzioni su Gaza.

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Segno che il clima fosse diverso era stato già l’arrivo in pompa magna la settimana scorsa dei ministri dell’Anp a Gaza, che hanno ricevuto le chiavi dei loro ministeri. L’accordo, nonostante il clamore suscitato non è ancora stato reso pubblico e restano dubbi su alcuni punti che sarebbero ancora sospesi. Le parti si sono date tempo fino a dicembre per gestire le ultime divergenze. La questione più spinosa è quella della sicurezza a Gaza e del disarmo del braccio armato di Hamas, che conta 25mila uomini. Abu Mazen ha fatto sapere che non accetterà “un clone dell’esperienza del (movimento sciita) Hezbollah in Libano”. Hamas e Fatah dovranno poi discutere della sorte di decine di migliaia di funzionari reclutati dopo il 2007 dal movimento. Per quanto riguarda invece le sanzioni finanziare imposte da Abu Mazen saranno “tolte molto presto”, secondo un responsabile di Fatah a Gaza. Infine, ma non meno importante, il riconoscimento di Israele da parte di Hamas. Su questo punto si concentrano le attenzioni della comunità internazionale e ovviamente di Israele stesso, secondo cui si tratta di un punto fondamentale per il governo di unità palestinese.

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