Politica

G20, su clima e vaccini i leader sono ancora divisi

Primo giorno interlocutorio per il G20 a presidenza italiana in corso a Roma. Nonostante le vaghe manifestazioni di consenso attorno ai temi più scottanti sul tavolo dei lavori – lotta ai cambiamenti climatici e contrasto alla pandemia, su tutti – la strada per il successo del vertice appare infatti ancora in salita. Cina, Russia e India restano sostanzialmente arroccate sulle loro posizioni, con Xi Jinping che invoca un “vero multilateralismo” e Vladimir Putin che da Mosca lancia accuse di “concorrenza sleale” sui vaccini, “anche da Paesi membri del G20”.

Entrambi parlano da remoto. Ma il loro intervento pesa come una pietra tombale sul buon esito del vertice. Per evitare un clamoroso insuccesso, tanto più cocente perché alla vigilia della Cop26 che si apre nelle prossime ore a Glasgow, gli sherpa saranno dunque chiamati a un duro lavoro per tutta la notte. Obiettivo primario è avvicinare le parti e limare i contenuti della dichiarazione finale del vertice, di cui oggi l’agenzia Reuters ha potuto visionare una bozza. Nel documento provvisorio trapelato oggi si legge che i leader del G20 confermeranno la disponibilità a ridurre il riscaldamento terrestre a 1,5 gradi centigradi, come stabilito al vertice sul clima di Parigi, ma eviteranno di indicare impegni stringenti ai Paesi membri.

Nessun riferimento si fa invece alla necessità di “azioni immediate” per ridurre il riscaldamento del pianeta, né all’obiettivo di raggiungere emissioni zero entro il 2050, fortemente osteggiato da Pechino e Nuova Delhi. Insomma, la Cina, per prima, si è messa di traverso. E lo si è capito subito dalla parole del suo presidente. “I Paesi sviluppati devono dare l’esempio in termini di riduzione delle emissioni, accogliere pienamente le particolari difficoltà e le preoccupazioni dei paesi in via di sviluppo, concretizzare i loro impegni di finanziamento per il clima e fornire tecnologia, sviluppo di capacità e altro sostegno ai paesi in via di sviluppo”, è stato il monito, duro, di Xi Jinping.

“Questo è di fondamentale importanza per il successo della prossima COP26″, ha avvertito, rilanciando il suo appello a un “vero multilateralismo”, per uno sviluppo globale “equo, solidale e inclusivo”. Un intervento a cui ha fatto sostanzialmente eco quello di Vladimir Putin, che dopo avere rinunciato al viaggio a Roma, sarà assente anche a Glasgow. Nel suo discorso da remoto, il presidente della Federazione russa, Paese in cui il processo di transizione verde è solo all’inizio e tutto da costruire, si è concentrato soprattutto sulla lotta alla pandemia di coronavirus e sulla campagna di vaccinazione a livello globale, sottolineando alcune criticità.

Secondo il capo del Cremlino, i paesi del G20 dovrebbero elaborare rapidamente una soluzione per il riconoscimento reciproco dei certificati di vaccinazione, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dovrebbe accelerare il processo decisionale sulla sicurezza dei vaccini. “Suggeriamo di chiedere ai ministeri della Salute del G20 di sviluppare rapidamente una soluzione per il riconoscimento reciproco dei certificati nazionali di vaccino”, ha quindi detto Putin che, come il collega cinese, ha spinto molto su questo punto, prima dell’affondo finale sulle difficoltà di accesso di alcuni Paesi ai vaccini esistenti.

“Questo sta accadendo a causa, tra le altre cose, della concorrenza sleale, del protezionismo e del fatto che alcuni Paesi, anche all’interno del G20, non sono pronti a riconoscere reciprocamente vaccini e certificati del vaccino, credo”, ha commentato. Posizioni, quelle di Cina e Russia, che sono dunque rimaste sostanzialmente immutate rispetto al passato. E non è forse un caso che i ministri degli Esteri Sergey Lavrov e Wang Yi, giunti a Roma in rappresentanza dei rispettivi presidenti, abbiano approfittato di un incontro bilaterale a margine del summit per sottolineare l’importanza di una convocazione anticipata di un vertice dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite “al fine di trovare una risposta efficace alle sfide globali e alle minacce moderne”. 

Il tutto, mentre l’altro terzo grande incomodo del vertice – l’India – continua a fare orecchie da mercante alle ripetute richieste di un impegno stringente sul contrasto al cambiamento climatico. Se il primo ministro Narendra Modi è considerato infatti il grimaldello per scalfire anche i muri eretti a Oriente, la pressante opera di convincimento messa a punto da Mario Draghi e dagli altri leader presenti non ha ancora sortito gli effetti sperati. Da parte di Nuova Delhi, infatti, non c’è stata ancora l’apertura auspicata su clima e transizione energetica.

D’altra parte, nell’immediata vigilia del summit, l’India aveva già ribadito di essere contraria a indicare una data per il raggiungimento della neutralità climatica, ritenendo invece più opportuno tracciare un percorso per la riduzione delle emissioni nocive. Così, la prima giornata del G20 di Roma al momento ha finito solo per saldare le posizioni di Unione europea e Stati Uniti. Draghi, già ha incassato i ringraziamenti del presidente Usa Joe Biden e il sincero apprezzamento per lo “straordinario lavoro” fatto. Ma entrambi sanno che lasciare la capitale senza un accordo di massima sul clima segnerebbe un reale fallimento del summit e metterebbe a serio rischio anche il successo della Cop26 a Glasgow. askanews

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