La beffa nella beffa. Non si saprà mai se la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Messina del 21 dicembre 1988, con la quale Michele Greco, il cd “papa” della mafia, fu assolto dall’accusa di essere il mandante dell’uccisione di Rocco Chinnici, fu aggiustata attraverso il pagamento di una tangente di 200 milioni di lire.
Il gip di Palermo ha infatti disposto l’archiviazione dell’indagine avviata dalla Procura di Palermo sul “fascicolo scomparso” relativo all’indagine sulla strage di via Pipitone Federico, in cui il 29 luglio del 1983 furono uccisi il giudice Rocco Chinnici, i carabinieri Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile dove abitava il magistrato, Stefano Li Sacchi. L’inchiesta era stata aperta ad aprile dell’anno scorso e riguardava un fascicolo sparito per lunghi anni e poi ricomparso l’anno scorso, in cui veniva ricostruita la storia del processo sulla strage. Alcuni pentiti avevano raccontato che la mafia avrebbe corrotto un magistrato per “aggiustare” l’esito del terzo processo d’appello, celebrato a Messina nel 1988, in modo da fare assolvere per insufficienza di prove i fratelli Michele e Salvatore Greco, boss della borgata palermitana di Ciaculli.
Nel processo “Chinnici bis” avviato dalla Procura di Caltanissetta nel 1995, dopo l’inizio della collaborazione di alcuni pentiti come Giovanni Brusca, nonostante fosse stato indicato tra i mandanti della strage, Michele Greco non fu più giudicabile proprio perchè precedentemente assolto. In base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, a finire sotto inchiesta era il presidente della Corte d’assise d’appello di Messina che aveva emesso la sentenza di assoluzione, Giuseppe Recupero. Ma la magistratura di Reggio Calabria, dove il procedimento era stato aperto, si dichiarò incompetente e gli atti furono trasmessi a Palermo nel luglio del 1998. Quel faldone, tuttavia, pur essendo arrivato al palazzo di giustizia, è rimasto dimenticato, dormiente, mai stato iscritto a ruolo, fino all’anno scorso.
Il caso era tornato alla luce grazie alle indagini di due giornalisti, Fabio De Pasquale e Eleonora Iannelli, autori del libro “Così non si può vivere. Rocco Chinnici: la storia del giudice che sfidò gli intoccabili” (Rx Castelvecchi editore), e dedicato appunto alla strage dia via Pipitone Federico. L’anno scorso, dopo la scoperta dei due giornalisti, il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi ha ritrovato il fascicolo e riaperto le indagini (n° 6898/2013, modello 21) che miravano a verificare se veramente, come sostenuto da alcuni collaboratori, la mafia avesse “pagato” il magistrato Giuseppe Recupero, per ottenere una sentenza favorevole. Le indagini della Procura di Palermo – condotte dal pm Amelia Luise e coordinate dall’aggiunto Teresi – sono durate poche mesi: il giudice Recupero è infatti deceduto 6 anni fa. Per questa ragione i magistrati palermitani hanno chiesto, a novembre dell’anno scorso, l’archiviazione al Gip che ha accordato la richiesta.