Strage dell’Isis sul ritiro delle truppe Usa. Almeno 20 morti a Manbij, tra cui cinque soldati americani

16 gennaio 2019

Il colpo di coda dell’Isis per Donald Trump, che si appresta a ritirare i soldati dalla Siria dopo aver definito “sconfitti” i jihadisti, e’ arrivato oggi a Manbij, nel Nord, dove un attentato del sedicente Stato islamico ha fatto almeno 20 morti, tra cui cinque soldati a stelle e strisce. “Un attacco suicida ha colpito una pattuglia della coalizione internazionale a Manbij”, ha riferito l’agenzia di stampa del ‘Califfato, Amaq, ma il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, ha lasciato intendere che a ordire la strage sono stati i curdi, con l’obiettivo di convincere il presidente americano a fare marcia indietro. “Ci ritiriamo – ha confermato il vice presidente americano, Mike Pence, nel corso di un incontro diplomatico e senza far cenno all’attacco – ma difenderemo le nostre conquiste”.

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Nel mirino dell’Isis c’era proprio una pattuglia americana, colpita da un kamikaze che facendosi esplodere ha ucciso anche 11 civili e cinque miliziani curdi. Si tratta dell’attacco piu’ sanguinoso in Siria dal 2014 per gli americani, che qualche minuto dopo hanno dispiegati i blindati per le strade della citta’. La strage arriva nel momento in cui Washington e Ankara discutono la proposta turca di una “zona di sicurezza” tra la Turchia e la Siria settentrionale, che Ankara vuole pattugliata dal proprio esercito e i curdi dalle forze dell’Onu. Un alto responsabile dell’amministrazione semi-autonoma nel nord, Aldar Khalil, ha avvertito che “ogni altra scelta e’ inaccettabile in quanto violano la sovranita’ della Siria e la sovranita’ della nostra regione autonoma”.

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La Turchia “non e’ neutrale e non puo’ essere una garante della sicurezza”, ha aggiunto. La questione curda sara’ al centro dell’appuntamento diplomatico del prossimo 23 gennaio, quando a Mosca si vedranno Erdogan e il capo del Cremlino, Vladimir Putin. Per i russi il tema curdo “deve essere risolto nel quadro delle leggi nazionali”, nel “rispetto dell’integrita’ territoriale” dei Paesi della regione. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, sottolineando che “i diritti delle minoranze, come quella curda, devono essere garantiti attraverso il dialogo con le autorita’ centrali”. A Mosca interessa eliminare anche i ribelli non legati allo Stato islamico e considerati ancora una minaccia: li’, ha spiegato Lavrov, “e’ necessario “portare a termine la lotta ai terroristi, che contano di attaccare la base militare russa di Hmeimim e le posizioni delle forze governative siriane”.

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