Gli studenti iraniani sfidano i Pasdaran, scendendo in strada per il secondo giorno contro le ‘bugie’ del governo sull’abbattimento dell’aereo ucraino, salutati su Twitter da Donald Trump, che usa il Farsi per intimare alla leadership di “non uccidere chi protesta e facendo sapere, attraverso i canali piu’ consueti, di essere ancora pronto a negoziare con Teheran ma per un “nuovo corso”. Migliaia di giovani hanno sfilato per le strade del Paese, e soprattutto a Teheran, dove il punto focale della protesta e’ stato nell’universita’ Beheshit. “Il nemico non e’ l’America, il nemico e’ qua”, hanno urlato, infrangendo un obbligo, mai sancito formalmente dalle autorita’ iraniane ma moralmente imperativo nei momenti di maggiore crisi tra l’Iran e l’Occidente: calpestare la bandiera israeliana e quella americana. E’ quanto emerge da un filmato, la cui veridicita’ non e’ confermata finora ufficialmente, twittato e ritwittato da attivisti iraniani ma anche da analisti, in cui gli studenti universitari, sfilando contro le “bugie” del regime sull’abbattimento dell’aereo ucraino dopo la repressione dello scorso mese, evitano accuratamente di passare sopra le due bandiere, in passato disegnate per terra dai sostenitori del regime proprio affinche’ si possa calpestarle.
Coloro che lo fanno – si vede nel filmato – vengono fischiati dagli altri studenti. Altre manifestazioni sono state segnalate all’Universita’ di Damghan, nel nord dell’Iran e all’Universita’ di Isfahan, nel centro del Paese, con slogan contro il leader supremo iraniano, Ali Khamenei: “Le Guardie della rivoluzione uccidono e la Guida suprema li appoggia”. Nel corso della giornata la protesta ha invaso il cuore della capitale al grido di “Morte al dittatore” e “Non vogliamo il regime dei Guardiani della Rivoluzione”. La tensione con la polizia in assetto antisommossa e’ altissima. Le forze di sicurezza, secondo quanto emerge da alcuni filmati, ha chiuso la metro Azadi bloccando dentro diversi manifestanti. Secondo altri filmati, sarebbero stato sparati gas lacrimogeni. L’appoggio incondizionato agli studenti, minacciati di uso della forza da parte dei Pasdaran, e’ arrivato da Trump, che da eri twitta anche in Farsi. Il presidente americano, che ha fatto di twitter uno strumento del proprio approccio diplomatico, ha utilizzato la lingua persiana per rivolgersi direttamente ai manifestanti tornati in piazza in Iran contro il regime, questa volta dopo le “bugie” pronunciate dal governi sull’abbattimento dell’aereo ucraino. “Seguo attentamente le vostre proteste. Sono ispirato dal vostro coraggio”, aveva scritto ieri Trump.
“Al coraggioso, da tempo sofferente popolo dell’Iran: sono al vostro fianco dall’inizio della mia Presidenza – aveva aggiunto il presidente americano – e la mia amministrazione continua a farlo”. “Non uccidete chi protesta”, ha avvertito oggi rivolgendosi alla leadership della Repubblica islamica. “Migliaia – ha proseguito – sono stati gia’ uccisi o imprigionati da voi, e il Mondo vi guarda. Ancora piu’ importante, gli Stati Uniti vi guardano. Sbloccate internet e lasciate che i giornalisti possano fare liberamente il loro lavoro! Fermate l’assassinio del vostro grande popolo!”. Trump, fa sapere il capo del Pentagono, Mark Esper, resta pero’ aperto alla possibilita’ di un negoziato “senza precondizioni” con l’Iran per un “nuovo corso” che renderebbe quel paese “piu’ normale”. A Teheran e’ arrivato l’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al Thani. Il Qatar e’ un alleato degli Stati Uniti e ospita la piu’ grande base americana nella regione, ma mantiene anche strette relazioni con l’Iran, un paese con cui condivide il piu’ grande giacimento di gas del mondo.
I paesi europei, dal canto loro, sembrano ignorare la protesta e rivolgono l’attenzione a quel che resta dell’accordo nucleare: “E’ di fondamentale importanza che l’Iran torni al rispetto complessivo dei suoi obblighi relativi all’intesa nucleare di Vienna”: affermano in una dichiarazione congiunta la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Boris Johnson. La voglia di distensione sembra aver prevalso anche sul caso dell’ambasciatore britannico, Rob Macaire, fermato ieri a Teheran e poi rilasciato. Il ministero degli Esteri lo ha convocato, diversi manifestanti filo-regime hanno bruciato la bandiera britannica di fronte alla sede diplomatica, ma Londra non ne vuole fare un caso, sebbene abbia ribadito che quanto e’ accaduto e’ “inaccettabile”. “E’ stato fermato per 15 minuti, affinche’ fosse identificato, ha affermato Teheran sottolineando che il diplomatico partecipava alle proteste. Lui nega. Le armi non tacciono: quattro razzi sono piovuti su una basa che a nord di Baghdad ospita’ unita’ americane, la cui gran parte aveva lasciato l’infrastruttura: quattro iracheni sono rimasti feriti. Non e’ ancora chiaro chi sia stato a lanciarli. I Pasdaran, intanto, fanno sapere che l’attacco dell’8 gennaio a una base Usa non aveva “l’obiettivo di uccidere” ma, ha detto in parlamento il capo dei Guardiani della Rivoluzione, Hosein Salami, di “far sapere che possiamo compire ovunque vogliamo”.