Sulle banche venete le discussioni con l’Ue restano difficili

Obiettivo sostenibilità e non tagliare posti di lavoro

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Continuano a essere difficili le discussioni in corso fra l’Italia e Bruxelles sulla vicenda delle due banche venete in crisi, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, dopo l’incontro inconcludente della settimana scorsa fra gli Ad delle due istituzioni finanziarie e la Direzione generale della Concorrenza della Commissione europea (Dg Comp). Le due banche vorrebbero cercare di raccogliere almeno un miliardo di euro di finanziamenti dal settore privato, per poter far scattare la ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato, secondo lo schema che si sta seguendo per l’altra banca in crisi, il Monte dei Paschi di Siena. Ma le condizioni non sono le stesse, perché se per Mps il dossier con Bruxelles è già andato abbastanza avanti positivamente, con le due venete si è ancora all’inizio e si stanno discutendo, a quanto si apprende, questioni e dettagli difficili. A Bruxelles certe reazioni riportate nei giorni scorsi dalla stampa italiana risultano non corrispondenti alla realtà, in particolare riguardo alle accuse di “irrigidimento” della Commissione e al suo presunto “diktat” che imporrebbe di tagliare posti di lavoro nelle due banche. Nei fatti, la Dg Comp chiede semplicemente che siano rispettate le regole della “ricapitalizzazione preventiva”, i criteri specifici previsti per poterla approvare e, se del caso, anche le possibili eccezioni contemplate.

In particolare, affinché la Dg Comp dia il suo via libera, la ricapitalizzazione preventiva da parte dello Stato deve avere come precondizione un piano di ristrutturazione che riduca i costi operativi eccessivi delle banche, e le renda economicamente sostenibili entro cinque anni, con una ripresa dei profitti. Questo si può fare non solo chiudendo sportelli e filiali in eccesso, e quindi tagliando posti di lavoro, ma anche riducendo i bonus dei dirigenti. Lo scopo delle regole, comunque, non è quello di ridurre gli organici, ma di rendere sostenibili i conti delle banche al termine del periodo in esame, in modo da garantire la restituzioni dei sostegni pubblici ricevuti (altrimenti di tratterebbe di un aiuto di Stato). Inoltre, le decisioni di Bruxelles dipendono in primo luogo dalle conclusioni della Banca centrale europea, nel suo ruolo di Supervisore bancario unico, sul fabbisogno di capitale delle istituzioni finanziarie. Una valutazione, quella della Bce, che in questi due casi non è ancora conclusa e che continua a essere influenzata dai continui cambiamenti e soprattutto dal deterioramento della situazione finanziaria delle due banche venete. E’ basandosi sul fabbisogno di capitale indicato dalla Bce che la Commissione può poi decidere quale debba essere la soglia minima di capitale delle banche detenuta dai privati, affinché le ulteriori iniezioni di fondi da parte dello Stato rientrino nella definizione di ricapitalizzazione precauzionale, e si configurino in vece come aiuti di Stato.