I protagonisti senza volto della corsa al Colle

I “franchi tiratori” spesso determinanti per la scelta del presidente della Repubblica

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Se tra i 12 Capi dello Stato non abbiamo avuto personalità politiche di primo piano come il ministro degli esteri Carlo Sforza, o il “cavallo di razza” Amintore Fanfani, o il “coniglio mannaro” Arnaldo Forlani o l`ex premier e presidente della Commissione Ue Romano Prodi è colpa (o merito) loro, anche se sono quasi sempre rimasti senza volto. Sono i famosi “franchi tiratori”, cioè i grandi elettori che nel segreto dell`urna votano contro le indicazioni dei loro partiti. Più volte hanno scombinato i piani (e i patti) dei leader, imponendo loro brusche retromarce. Sono entrati in scena già agli albori della Repubblica, nel 1948, quando dopo le dimissioni del Capo provvisorio dello Stato Enrico de Nicola, De Gasperi avrebbe voluto mandare al Quirinale il ministro degli esteri conte Carlo Sforza, gradito agli americani, ma fu stoppato da 196 franchi tiratori (soprattutto, si disse, dc di sinistra e socialdemocratici) che non volevano al vertice dello Stato un liberale, per di più in odore di Massoneria.

Così De Gasperi fu costretto a “ripiegare” su Luigi Einaudi. L`esempio più recente è quello dei famosi 101 che impallinarono Romano Prodi nel 2013, aprendo la strada alla rielezione di Giorgio Napolitano. Se i franchi tiratori (che Cirino Pomicino ha ribattezzato “liberi pensatori”) sono stati così importanti quando i partiti erano forti e i leader politici rispettati e temuti, figuriamoci oggi che i partiti sono deboli e frammentati al proprio interno e i leader faticano a tenere unite le loro truppe. Così la corsa al Colle non può prescindere dagli umori dei “peones” che possono trasformarsi in franchi tiratori e temono le eventuali elezioni anticipate come la peste, visto che, con la riduzione dei parlamentari da 945 a 600, moltissimi di loro sanno per certo che non torneranno in Parlamento.

Per di più il Gruppo Misto dove si rifugiano i parlamentari dei piccoli gruppi, i transfughi e gli espulsi, non è mai stato così folto: con 113 parlamentari tra Camera e Senato è il terzo o quarto gruppo tra i “grandi elettori”, con una quarantina di “senza partito” che rispondono solo a se stessi. I franchi tiratori sono un`insidia per un`eventuale candidatura Draghi che comporterebbe necessariamente la crisi di governo e un avvicendamento a Palazzo Chigi. Se il nuovo governo non dovesse ottenere la fiducia alle Camere, si scivolerebbe fatalmente verso le elezioni anticipate, il che terrorizza tutti coloro che sanno di non essere rieletti e nemmeno ricandidati. Se Draghi, come Prodi, fosse impallinato dai franchi tiratori, sarebbe una catastrofe non solo per lui, ma per l`intero Paese.

Anche per cercare di arginare il rischio dei franchi tiratori sarebbe necessario – come chiedono a parole un po` tutti i leader (salvo poi agire diversamente) – un accordo il più ampio possibile tra i partiti su un candidato che possa contare su una tale massa di voti da “assorbire” anche una quota di “liberi pensatori”. Lo stesso Ciampi, uno dei tre Capi dello Stato, insieme a De Nicola e Cossiga, ad essere stato eletto al primo scrutinio coi due terzi dei voti, subì un centinaio di franchi tiratori, che però non risultarono determinanti. I leader hanno due modi per combattere i franchi tiratori. Uno “in negativo”, cioè far disertare il voto e imporre ai propri parlamentari di uscire dall`aula per evitare che qualcuno di essi voti per un candidato sgradito (come potrebbe decidere di fare il centrosinistra di fronte alla candidatura di Berlusconi).

E uno “in positivo”, come ha suggerito nei giorni scorsi il direttore del Giornale ed ex senatore Augusto Minzolini, per evitare franchi tiratori nel centrodestra contro Berlusconi. Se sulla scheda i grandi elettori di Forza Italia scrivessero “Silvio Berlusconi”, i leghisti “Berlusconi” e i fratelli d`Italia “S.Berlusconi” sarebbe facile capire da quale partito verrebbero gli eventuali franchi tiratori. Questo metodo è stato usato nel 2013 quando il centrosinistra, prima di Prodi, aveva candidato Franco Marini, che subì il rifiuto esplicito dei renziani. In quell`occasione, siccome i partiti da tenere sotto controllo erano diversi, si impose ad alcuni di scrivere sulla scheda “Francesco Marini”. E Andreotti ribattezzò i franchi tiratori, “Franceschi tiratori”. Questi metodi, peraltro di dubbia efficacia, rischiano di infrangere il principio costituzionale della segretezza del voto. E di trasformare il Parlamento in un vero e proprio suk.