Economia

Taglio alle pensioni anche per i sindacalisti. Le OO. SS. in rivolta: “Provvedimento illegittimo”

Anche i sindacati nel mirino del governo gialloverde. Il vicepremier Luigi Di Maio, è pronto a tagliare le pensioni dei sindacalisti, una sforbiciata – secondo fonti attendibili – che ridurrebbe del 20-30 per cento l’assegno mensile. Mossa che, a quanto pare, riscontrerebbe non poche perplessità tra i vertici della Lega. D’altronde, le distanze sulla riforma pensioni sono tutt’altro che “minime” tra i due alleati, e si configurano tanto sulla Quota 100 quanto sull’ultima “polemica” scoppiata proprio sul fronte dei sindacalisti dopo l’annuncio del ministro Di Maio, secondo il quale, “giovedì 17 gennaio con il decreto sul Reddito di cittadinanza taglieremo anche le pensioni dei sindacalisti”).

Anche i rapporti tra governo e organizzazioni sindacali, com’è noto, non sono certo idilliaci. E soprattutto in tema pensioni degli italiani. E se a ciò aggiungiamo la nuova crociata di Di Maio che va a toccare le tasche dei sindacalisti, l’atmosfera non può che surriscaldarsi. Secondo i tecnici del ministero del Lavoro, si tenta di ricalcolare gli assegni alti utilizzando il metodo contributivo. La misura è stata subito bollata da Cgil, Cisl e Uil come “un attacco alla libertà sindacale protetta dall’articolo 39 della Costituzione”. Un fatto è certo, a oggi ci sono sindacalisti che godono dei benefici della cosiddetta legge Mosca, la n.252/1974, che regalò decenni di contributi figurativi a carico dello Stato anche a migliaia di politici oltre che sindacalisti. Un fiume di denaro pubblico che passò – e continua a passare – dalle tasche del contribuente a quelle dei sindacalisti.

In soldoni, allora si basò il calcolo della pensione sullo stipendio degli ultimi mesi, anche uno soltanto. Così bastava essere distaccati, farsi triplicare lo stipendio dal sindacato per pochi mesi e andare in quiescenza con una pensione ben più alta dei contributi versati dall’interessato. Tuttavia, se Di Maio vuole mettere mano su questa contorta questione, dovrebbe usare le stesse forbici anche per quei politici che usufruiscono di questa, a dir poco fantasiosa, legge Mosca. Il segretario nazionale Ugl non ci sta. “Non ci possono essere privilegi previdenziali a carico del l’Inps per chi, facendo sindacato si occupa dei lavoratori, dei pensionati e di chi vorrebbe lavorare – dice Paolo Capone -. I dirigenti sindacali, come tutti i lavoratori, devono avere un trattamento pensionistico coerente con i contributi versati come avviene per tutti i cittadini. Posso garantire che nella Cisnal ieri e nell’Ugl oggi nessun dirigente sindacale, a partire dal Segretario Generale, gode di privilegi pensionistici”.

Recentemente, il Quotidiano Nazionale ha prodotto un’interessante classifica degli stipendi dei big dei sindacati italiani. La più ricca è Susanna Camusso (Cgil), che si porta a casa ogni 30 giorni 4mila euro netti, seguita a pochi euro da Annamaria Furlan (Cisl) con 3.964 euro. Terzo gradino del podio per le pensioni spetta a Carmelo Barbagallo (Uil) da 2.800 euro netti mensili. “La questione dei contributi figurativi è un terreno molto difficile – afferma Massimo Visconti, responsabile relazioni esterne Confintesa -. Se si vuole colpire il sindacato è facile, come sparare sulla Croce Rossa. Però ritengo che l’agibilità sindacale sia un diritto di un Paese civile e anche con agevolazioni sociali e non certo privilegi”. In ogni caso, per Visconti, “il sistema contributivo deve essere applicato per tutti”. Poi la frecciata al vicepremier pentastellato: “Di Maio più che a preoccuparsi del taglio alle pensioni dei sindacalisti, che è una cosa minima, applichi l’articolo 39 della Costituzione, circa il riconoscimento giuridico dei sindacati, e tante cose si sistemano automaticamente”.

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