Il fronte del “No” è inaspettatamente in risalita. Sempre più politici sono contrari al taglio dei parlamentari alimentando un sottobosco trasversale che divide partiti e coalizioni. Nessuno escluso. E dire che quando la Camera lo scorsa anno diede il via libera definitivo al referendum, furono 553 i Sì (M5S, Pd, Italia Viva, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega) e solo 14 i No (2 astenuti). Ora, invece, tanti dietrofront, registrando sempre più bastian contrari in tutti i partiti. A partire dal MoVimento Cinquestelle, in un primo momento compatto per il “Si”, ma che di giorno in giorno vede ingrassare la sua fronda interna per il No. Tra i primi parlamentari a bocciare il taglio degli eletti, Elisa Siragusa, Andrea Vallascas, Mara Lapia e Matteo Mantero. Eppure, appare flebile la motivazione con cui il partito di Grillo sponsorizza il No al referendum. Ed è del tutto una motivazione economica, non politica.
In soldoni, secondo le cifre diffuse proprio dai pentastellati, il taglio dei parlamentari porterebbe una riduzione delle spese dello Stato pari allo 0,012% della spesa annua. Mentre secondo le stime dell’economista Carlo Cottarelli, sarebbe dello 0,007%. In sostanza, lana caprina rispetto alla sostanza politica che tocca lo stato democratico di un Paese. Ma questa è un altra storia. Torniamo ai bastian contrari. Spaccato il Partito Democratico. Addirittura è nato il ‘Comitato democratici per il No’ in barba alla linea dettata da Nicola Zingaretti: Giorgio Gori, Tommaso Nannicini, Gianni Pittella e Daniele Viotti tra i protagonisti. Lo stesso presidente del Pd, Matteo Orfini, dopo mesi di perplessità, si è smarcato della linea zingarettiana, scommettendo sul No. Anche il senatore, Francesco Verducci (area Orfini), Gianni Cuperlo e il senatore Luigi Zanda sono grandi sostenitori del No. “Si affronta questo taglio con un tatticismo esasperato pur di blindare l’alleanza strategica coi 5S” tuonava giorni fa Verducci. Pure Pier Ferdinando Casini, come anche Romano Prodi, “tifano” No.
Diviso anche LeU: Nicola Frantoianni sostiene il No, Pierluigi Bersani il Sì. Nel mare della sinistra naviga pure il No delle Sardine. Mentre aria democristiana tira in Italia Viva. Con in testa il suo leader, Matteo Renzi, l’eterno cerchiobottista. Insomma, una volta il No sembrava una causa persa, difesa da integerrimi costituzionalisti come Gianfranco Pasquino o economisti come Carlo Cottarelli, convinti come il filosofo Massimo Cacciari, o i partiti di nicchia come il Psi di Riccardo Nencini, Più Europa di Emma Bonino, Azione di Carlo Calenda a bocciare il taglio dei parlamentari. Ma anche sul fronte delle opposizioni non mancano i tanti sottoboschi pronti a votare il 20 e 21 settembre No al referendum. Tra gli ultimi Sì divenuti poi No, quello del leghista Giancarlo Giorgetti che assieme al collega di partito, il senatore Claudio Borghi, viaggia, in merito, nella direzione opposta del loro leader, Matteo Salvini. Come non mancano neanche in Fratelli d’Italia i bastian contrari vedi Guido Crosetto. Stessa musica suona in Forza Italia: si va dal No di Renato Brunetta, Simone Baldelli, Lucio Malan e Andrea Cangini al Sì di Mariastella Gelmini, che a gran voce sostiene il “taglio”.