Dopo Pfizer l’ulteriore taglio di dosi di vaccino anti-covid 19 che dovevano arrivare in Italia, annunciato da Astrazeneca preoccupa le regioni. Nella riunione convocata dal ministro per gli affari regionali Francesco Boccia è stata evidenziato che non c’è altra scelta: rivedere il cronoprogramma delle vaccinazioni. Una revisione che già è allo studio: il commissario straordinario Domenico Arcuri già lunedì manderà un croprogramma con la distribuziuone delle dosi rivisto alla luce dei tagli tra le prime tre settimane di febbraio. Questo nuovo cronoprogramma funzionerà se comunque le aziende farmaceutiche non cambieranno ancora le carte in tavola. Le categorie rimangono le stesse operatori sanitari e ospiti Rsa prima, dopo gli over 80, privilegiando nei calcoli le dosi necessarie per i richiami. Boccia ha chiuso la riunione proponendo un coordinamento permanente sulla campagna di vaccinazione “finché le aziende non daranno certezze definitive”, per “ogni aggiornamento che il commissario Arcuri avrà da comunicarci sui vaccini, sulla distribuzione e sulle interlocuzioni con le aziende farmaceutiche”.
Pfizer ha detto che conta entro febbraio di ritornare ai ritmi di distribuzione garantiti ma, al di là delle azioni di risarcimento annunciate da Arcuri, c’è un po’ di preoccupazione da parte delle regioni. L’obiettivo era di arrivare in autunno all’immunità di gregge e questo sembra allontanarsi, anche se questa estate è presumibile un rallentamento dei contagi. Le regioni stavano andando infatti tutte avanti piuttosto spedite nella campagna di vaccinazione, il governo si è impegnato ad una rimodulazione, ma il taglio delle dosi implica un rallentamento, con l’avvertenza – avrebbe fatto notare a quanto si apprende lo stesso Arcuri – che se le aziende non mantengono le promesse può risaltare tutto. Un’incertezza che pesa. E se come promesso le dosi saranno poi restituite, poi si dovrà correre di più e sarà importante a quel punto che arrivi il personale sanitario aggiuntivo necessario.
Per ovviare al taglio delle dosi le Regioni hanno chiesto al ministro della Salute se fosse possibile acquistare altri vaccini come il russo Sputnick o quello cinese. Il ministro Speranza ha risposto che “non ci sono preclusioni, né contrarietà in linea di principio” ma ha ribadito che “l’autorità di riferimento è l’Ema”, quindi “se l’Ema certificherà il vaccino russo o il vaccino cinese si può fare ricorso anche a questi vaccini”. Il ministro ha anche sottolineato che il vaccino italiano di Reithera è “da valorizzare il più possibile”. Speranza ha anche ridimensionato la vicenda della Germania, spiegando che il pre-acquisto delle dosi in più del vaccino Pfizer, che tanta polemica ha scatenato per il Vaccine Day, alla fine è rientrato nel piano generale di acquisto europeo. Alcuni presidenti di regione hanno chiesto al ministro anche se fosse possibile chiedere la ridistribuzione ai Paesi virtuosi delle dosi di vaccino date a Paesi che vaccinano meno. Al di là della praticabilità, di fatto il ministro Speranza ha fatto notare che anche Paesi che come la Francia avevano iniziato lentamente ora a iniziato a vaccinare molto di più.
Quindi al momento la rimodulazione del cronoprogamma è l’unica cosa da fare. Durante la riunione c’è stato anche un battibecco Arcuri- De Luca, dove il presidente della regione Campania è ritornato sulla vecchia polemica dei criteri di distribuzione delle dosi. E Arcuri ha ricordato che i criteri sono stati definiti dalla conferenza Stato-Regioni, non per arbitrio, sottolineando anche che il numero di dosi è stato distribuito in relazione alle categorie target. Ovvero, nella prima fase più dosi nelle regioni con più operatori sanitari ed Rsa, mentre nella seconda fase, quando saranno vaccinati gli over 80 e soprattutto dopo con l’estensione e la vaccinazione di massa, le dosi saranno ditribuite alle regioni in base alla popolazione.