Per la seconda volta nel giro di una settimana (dopo l’ok in capigruppo alla calendarizzazione per l’Aula) il Pd, assieme a Leu e renziani, mantiene la parola data e vota al fianco dei 5 stelle il via libera in commissione Affari costituzionale al taglio dei parlamentari, affidando al presidente Giuseppe Brescia il ruolo di relatore (assenti Lega e FdI, mentre FI e +Europa votano contro). Lunedi’ la riforma-bandiera del Movimento sara’ all’esame dell’Assemblea per l’ultimo voto (e Salvini annuncia il si’ leghista). Ma, come gia’ successo la scorsa settimana, il Pd chiede e pretende dagli alleati pentastellati la medesima prova di lealta’ sui ‘contrappesi’, una “garanzia” concreta sull’intero ‘pacchetto riforme’, necessario per ‘controbilanciare’ gli effetti del taglio degli eletti. La risposta dei 5 stelle non si fa attendere: “Diamo la massima disponibilita’ ad affrontare questi temi quanto prima, con lealta’ e serieta’”, assicura lo stesso Brescia.
Allo studio, norme per equiparare l’elettorato attivo e passivo di Camera e Senato, modifica dei regolamenti dei due rami del Parlamento, riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del capo dello Stato, e c’e’ anche l’ipotesi di votare la fiducia al governo in seduta congiunta del Parlamento, con l’introduzione dello strumento della sfiducia costruttiva. Non e’ escluso che prima di martedi’, giorno in cui l’Aula della Camera dovrebbe approvare in via definitiva la riforma che riduce a 600 il numero complessivo dei parlamentari (200 senatori e 400 deputati) dagli attuali 945, si svolga un vertice di maggioranza – chiesto dai dem e da Leu, mentre fonti renziane tengono a sottolineare di “non chiedere nulla” – per blindare tutto il percorso delle riforme. Ma, viene spiegato da qualificate fonti di maggioranza, si trattera’ di un vertice a livello parlamentare, non di governo. In quanto, viene sottolineato, “il tema e’ strettamente parlamentare, non governativo”.
Dunque, se anche al vertice dovessero partecipare i capi delegazione, come Luigi Di Maio per i 5 stelle, Dario Franceschini per il Pd e altri esponenti dell’esecutivo in rappresentanza di Leu e Iv, sarebbe comunque un incontro di maggioranza. Assodato questo, e in attesa di consentire ai pentastellati di esultare la prossima settimana per quello che definiscono “un traguardo storico” con il taglio netto di 345 eletti, il Pd studia le prossime mosse, sulle quali chiedera’ l’impegno dei 5 stelle. A partire dalla condivisione e approvazione di un insieme di emendamenti da presentare a palazzo Madama sul ddl costituzionale che abbassa a 18 anni l’eta’ per eleggere i senatori. La riforma e’ stata approvata in prima lettura dalla Camera la scorsa estate e ora attende che la prima commissione del Senato avvii l’esame. Alcuni emendamenti sono gia’ pronti: si tratta, viene spiegato da fonti dem, di ripescare alcune delle proposte di modifica al taglio degli eletti, dichiarate inammissibili dalla precedente maggioranza gialloverde.
Ma si sta studiando anche la possibilita’ di un testo sul voto ai 16enni. Di Maio annuncia per i prossimi giorni un ddl ad hoc (e torna a rilanciare il tema del vincolo di mandato). Quanto ai regolamenti parlamentari, Brescia ha gia’ scritto a Fico per avviare la discussione in Giunta, altrettanto si fara’ al Senato. Del ‘pacchetto riforme’ fara’ parte anche la legge elettorale. Ma qui i tempi non sono strettissimi. Il lavoro e’ ancora allo stato embrionale e non vi e’ ancora nemmeno un’intesa di massima sul possibile modello su cui convergere. “Dobbiamo costruire garanzie di tutela delle regole democratiche” e anche “una nuova legge elettorale che scriveremo con gli alleati”, spiega il segretario dem Nicola Zingaretti, che pero’ mette una pietra tombale sul ritorno al proporzionale puro: “Combattero’ contro ogni forma di proporzionale puro”, avverte. “Se si andra’ in quella direzione serve assolutamente uno sbarramento perche’ dobbiamo lavorare alla semplificazione del campo”.
Tra le ipotesi circolate nelle ultime settimane, l’innalzamento della soglia al 4 o al 5%. Difficile, pero’, che la proposta possa raccogliere un ampio consenso. Ma anche un doppio turno, sulla falsa riga dell’Italicum o, ancora, un modello simil spagnolo. I tempi, pero’, confermano fonti parlamentari sia pentastellate che dem, non sono ancora maturi. A differenza della maggioranza Pd, ai 5 stelle non dispiacerebbe affatto un ritorno a un sistema proporzionale. “Occorre studiare il sistema migliore”, osserva Brescia in un’intervista a Repubblica.it. Ma, appunto, “non avere fretta. Pero’ neppure arrivare sotto la scadenza elettorale come si e’ sempre fatto. Anche come stile istituzionale, almeno va fatta un annetto prima e non ad uso e consumo della maggioranza di turno”. Il pentastellato non nasconde la sua preferenza per il “proporzionale”, sistema “su cui ritengo si debba lavorare”. E confessa: “Non sono cosi’ convinto che nel Pd facciano un tifo spasmodico per il maggioritario, comunque si puo’ discutere e di certo si trovano punti di caduta”.