Editoriale

Taglio parlamentari, la nuova legge conviene solo a Salvini

Il taglio degli eletti è arrivato all’ultimo miglio. Una riforma che, entrando in vigore, spazzerà via dal parlamento trecentoquarantacinque poltrone. Ed è l’unica certezza che a oggi può garantire il relativo provvedimento. Nulla sappiano, infatti, sulla nuova legge elettorale, ancora meno su come sarà ridisegnata l’Italia dei collegi, per non parlare di quale sarà la nuova mappa dei partiti alla luce di questo nuovo scenario politico. Di certo, la Lega sembrerebbe il partito meno penalizzato da questo cantiere legislativo. A sostenere questa ipotesi, i tanti sondaggi che continuano a fioccare puntualmente. Prendiamo, per esempio, quello effettuato dalla Emg lo scorso 3 ottobre, che più o meno rispecchia l’andamento generale di tutti gli ultimi sondaggi fino a oggi. Il primo partito è ancora una volta la Lega. Il movimento guidato da Matteo Salvini, segna il 32,6 percento, uno 0,4 percento in più rispetto all’analoga rilevazione di inizio settembre. Note dolenti per la costola sinistra del Conte bis, il Partito Democratico. Secondo la rilevazione, Zingaretti e compagni sarebbero in calo di sei decimali di punto rispetto ad inizio settembre, ottenendo un 19,7 percento.

Come dire sotto la soglia psicologica del 20 percento. Sotto la quale sta anche l’altra costola dell’esecutivo, il Movimento 5 Stelle. Per Di Maio e compagni, un 19 percento che fa segnare una flessione dello 0,3 percento. Per trovare un partito in crescita bisogna arrivare a Fratelli d’Italia, accreditata di tre decimali di punto in più rispetto sempre ad inizio settembre (7,6 percento). In crescita anche Forza Italia, al 7,4 percento. Mentre non si schioda dal 4,5 percento Italia Viva di Matteo Renzi. Ebbene, partendo da queste percentuali e considerando l’attuale sistema elettorale, il cosiddetto Rosatellum, dove, tra l’altro, i seggi proporzionali sono troppi rispetto a quelli maggioritari, il Carroccio dalle urne otterrebbe il maggior numero degli eletti rispetto a Pd, M5s, Fi e FdI.

A sentire il giudice emerito della Corte costituzionale, Sabino Cassese, la nostra considerazione non è del tutto peregrina, nella sostanza. “Il risultato di un Parlamento con un minor numero di parlamentari – ha detto Cassese – sarà rafforzare i partiti, che non sono quelli di una volta: essendoci meno parlamentari, giocherà un minor ruolo il notabilato locale e quindi le segreterie dei partiti faranno il bello e il cattivo tempo. Il sistema diventa più oligarchico: più decisioni dall’alto e meno decisioni prese dal popolo”. D’altronde, va ricordato, che a partire dalle elezioni del 2013 il sistema partitico è diventato tripolare grazie al successo del M5s diventato oggi l’ago della bilancia della politica italiana. E si è visto cosa è successo. Prima ha fatto un governo con la Lega, e ora con Pd, Italia Viva e Leu. Fatto che ci porta a fare un’altra considerazione, quella sulla legge elettorale. Oggi, il rapporto tra Pd e M5s è ancora molto fragile. Ci vorrà del tempo per capire se potrà diventare una alleanza strategica. Ma una cosa è certa. L’adozione di un sistema proporzionale non favorirebbe il rafforzamento dell’alleanza tra i due partiti. E senza questa alleanza come pensa il Pd di poter competere per il governo contro un centrodestra unito? E anche da qui, esce una Lega vincente.

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