Dopo le recenti notizie sulla produzione di Dune: Messia, l’ultimo capitolo della trilogia di Denis Villeneuve, il dibattito sulla saga fantascientifica tratta dai romanzi di Frank Herbert si arricchisce di un’opinione provocatoria. Durante un’intervista con Bret Easton Ellis per il suo podcast, Quentin Tarantino ha espresso il suo disinteresse nei confronti dei film di Dune, in particolare Dune: Parte 2, uno dei titoli più acclamati dell’anno.
Tarantino ha esordito condividendo la sua esperienza con il Dune di David Lynch, affermando di averlo visto più volte, ma di non avere alcun desiderio di rivedere la stessa storia. La sua critica si è concentrata sulla tendenza di Hollywood a riproporre storie già adattate, sottolineando che non ha bisogno di vedere “vermi e spezie” nuovamente sul grande schermo. Ha dichiarato: “Non voglio vedere un film in cui si pronuncia la parola ‘spezia’ in maniera così drammatica”
Durante la conversazione, Tarantino ha esteso la sua critica anche ad altri progetti cinematografici e televisivi, menzionando titoli come Ripley e Shogun. Ha espresso il suo scetticismo riguardo ai remake, suggerendo che ci siano molte altre opere letterarie da adattare piuttosto che continuare a rifare storie già raccontate. “Ci sono sei o sette libri di Ripley. Perché rifare la stessa cosa che è stata già fatta due volte?” ha chiesto, evidenziando la sua frustrazione per la mancanza di originalità nel settore
Nonostante le sue affermazioni potenzialmente divisive, Tarantino ha chiarito che non c’è alcun malumore personale nei confronti di Villeneuve. La sua posizione è più una critica generale all’industria cinematografica piuttosto che un attacco diretto a un collega. “Ho già visto Shogun negli anni ’80… Non mi importa come è stata rifatta,” ha aggiunto, rimarcando il suo disinteresse per le nuove versioni delle storie che considera già concluse
L’opinione di Quentin Tarantino su Dune e sul trend dei remake rappresenta un punto di vista significativo in un’epoca in cui le produzioni cinematografiche sembrano sempre più dipendere da franchise consolidati. La domanda rimane: questa posizione sta privando il regista di opere che potrebbero rivelarsi preziose? O è giustificata la sua richiesta di maggiore originalità nel panorama attuale del cinema?