L’indebolimento della dinamica del credito risente ovviamente della stretta monetaria che da metà 2022 la Bce sta portando avanti, per cercare di far abbassare l’inflazione. Manovra che in ampia misura fa leva sul rialzo dei tassi di interesse di riferimento, complessivamente aumentati di 375 punti base (3,75 punti percentuali) dalla Bce. I dati dell’Abi sui tassi dei prestiti bancari si riferiscono ad aprile, prima quindi che la Bce operasse l’ultimo aumento da 25 punti base sui riferimenti ufficiali a inizio maggio. In Italia il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 3,99% (massimo dal maggio del 2012), a fronte del 3,80% di marzo. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è stato del 4,43% ad aprile, dal 4,30% il mese precedente.
Infine il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni, i mutui, è stato del 4,03%, dal 4,00% di marzo che secondo l’Abi aveva rappresentato il livello più elevato da 11 anni (anche qui dal maggio del 2012). In diverse recenti occasioni l’Abi ha richiamato alla prudenza, in particolare con il suo presidente Antonio Patuelli, sui rischi di avere un incremento troppo elevato o/e troppo rapido dei tassi di interesse, perché questo potrebbe determinare uno scoraggiamento delle opportunità di investimento e quindi anche una minore richiesta di finanziamenti in banca. Secondo l’associazione l’azione di politica monetaria deve cercare di posizionarsi in una condizione che non diventi restrittiva, perché questo andrebbe a penalizzare l’economia, con potenziali effetti recessivi che rischierebbero di risultare pesanti per tutti.