Cinque miliardi per finire la Torino-Lione, quattro miliardi per stopparla e chiudere i buchi nelle montagne, questo al netto di eventuali ricorsi e di un intervento della giustizia europea. I cantieri in entrambi i casi durerebbero circa 12 anni. È quanto è emerso dal confronto “Torino-Lione, fondamenti tecnici dell’analisi costi benefici”, organizzato dalla fondazione Collegio Carlo Alberto di Torino, ente strumentale della Compagnia di San Paolo, che ha invitato l’uomo dell’analisi costi-benefici Marco Ponti a un confronto con accademici esperti di trasporti. Tra loro Andrea Boitani dell’università Cattolica di Milano, Massimo Florio dell’universita’ di Milano e Marco Percoco della Bocconi. Mentre Ponti era accompagnato da Francesco Ramella dell’equipe di esperti che hanno redatto l’analisi.
Per Ponti “venire a Torino è un po’ come entrare nella gabbia del leone”, ironizza il vicepresidente del Collegio Carlo Alberto, Giorgio Barba Navaretti, che tuttavia non si discosta molto dalla realtà. La platea è quasi tutta “Sì Tav”, dal direttore generale dell’Unione industriale di Torino, Giuseppe Gherzi all’ex-senatore Stefano Esposito fino a Mino Giachino, ex sottosegretario ai Trasporti, che con le madamin arancioni ha portato in piazza 30mila torinesi in favore della Torino-Lione. Per non parlare degli altri accademici al tavolo dei relatori che hanno fatto il pelo e il contropelo all’analisi costi-benefici. “Fu Delrio a chiedere che si facessero le analisi costi-benefici per le opere pubbliche e a chiedere delle linee guida. E io fui tra i collaboratori. All’epoca nessuno sollevò particolari obiezioni, del resto è più democratico prendere decisioni sui numeri”, ha messo le mani avanti Ponti, bollando la Tav come un’opera che “genera poca occupazione” e difendendo come “sacrosanta e giusta” la scelta di considerare il calcolo sulle mancate accise e sui pedaggi autostradali come una “diminutio” della convenienza dell’opera.
“I calcoli che abbiamo fatto sono attendibili e in futuro i veicoli saranno meno inquinanti e più sicuri, dunque il passaggio modale dalla strada alla ferrovia avrà margini ancora inferiori”, ha spiegato Ramella, che con Ponti e altri esperti ha firmato l’analisi. Ma per Marco Percoco le accise non dovrebbero essere prese in considerazione. “Le linee guida del ministero dei Trasporti peraltro non le contempla”, ha precisato. “Non abbiamo mai ottenuto una review indipendente, l’abbiamo chiesta dal giorno Uno ma non ce l’hanno mai concessa, ed è una nostra sconfitta”, ha detto ancora Ramella, replicando al professor Florio, che ha osservato: “Ci voleva una commissione super partes, composta dopo una gara europea. Inoltre il governo non ha dato un mandato preciso a questa analisi”. Ancora più affilato il professor Boitani, secondo cui il documento avrebbe dovuto contenere anche un’analisi costi-benefici dello stop all’opera.
“Dal 2010 c’è stato una crollo degli investimenti pubblici in Italia che ha avuto un picco negativo nel 2017. Si sta verificando una distruzione del capitale pubblico e questo mette in crisi le prospettive di crescita del nostro paese”, ha detto Boitani, che mostrando complicatissime formule matematiche ha smontato pezzo per pezzo il metodo usato da Ponti. Per Ponti la Tav ha costi superiori ai benefici, ma se gli chiedete se all’Italia conviene bloccarla replica asciutto: “Non è mio compito dirlo”. Secondo Ramella il numero medio di passeggeri che giustifica una nuova linea ferroviaria si aggira attorno ai 7 milioni. Tra Torino e Lione invece si muoveranno 600mila persone, secondo l’analisi. “Troppo poco per una ferrovia che costa 180 milioni di euro a chilometro”, ha aggiunto Ramella, lamentando di non avere avuto da Ferrovie i dati sui passeggeri internazionali. Ponti intanto ha annunciato di aver ultimato il supplemento di analisi costi-benefici, chiesto dal premier Giuseppe Conte. Top secret il contenuto. “Lo pubblicherà il ministero”, ha tagliato corto.