Stefano Accorsi (foto dx) è il protagonista di Decamerone – Vizi, virtù, passioni, libero adattamento del poema di Boccaccio, realizzato da Marco Baliani (foto)con la drammaturgia di Maria Maglietta, che debutta martedì 20 gennaio alle ore 21.00 al Teatro Biondo Stabile di Palermo. Insieme ad Accorsi sono in scena Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Fonte Fantasia, Mariano Nieddu, Naike Anna Silipo. Le scene e i costumi dello spettacolo, prodotto da Nuovo Teatro in collaborazione con la Fondazione Teatro della Pergola, sono di Carlo Sala, le luci di Luca Barbati. Repliche fino al 28 gennaio. Nel solco del progetto “grandi italiani”, dopo le rime dell’Ariosto, Stefano Accorsi e Marco Baliani incontrano le novelle del Boccaccio. Baliani costruisce per Accorsi, attore che vive sempre più la sua professione tra palcoscenico, cinema e televisione, uno spettacolo in cui si dipana il mistero della vita stessa, un’amarezza lucida che risveglia di colpo la coscienza, facendo scoprire al pubblico che “il re è nudo” e che per liberarci dalla “peste” che anche oggi ci contamina dobbiamo partire dalle nostre fragilità e debolezze.
“Le storie servono a rendere il mondo meno terribile – spiega Baliani – a immaginare altre vite, diverse da quella che si sta faticosamente vivendo, le storie servono ad allontanare, per un poco di tempo, l’alito della morte. Finché si racconta, finché c’è una voce che narra siamo ancora vivi”. Come narra Boccaccio, nella città appestata la morte è in agguato, servono storie che facciano dimenticare, storie di amori ridicoli, erotici, furiosi, storie rozze, spietate, sentimentali, grottesche, paurose, purché siano storie e raccontate bene, perché la vita reale là fuori si avvicina con denti affilati e agogna la preda.
“Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone di Boccaccio – prosegue Baliani – perché oggi ad essere appestata è l’intera società. Ne sentiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le conventicole, le mafie, l’impudicizia e l’impudenza dei potenti, la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare. In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti. Per ricordare che possediamo tesori linguistici pari ai nostri tesori paesaggistici e naturali, un’altra Italia, che non compare nei bollettini della disfatta giornaliera con la quale la peste ci avvilisce. Per raccontarci storie che ci rendano più aperti alla possibilità di altre esistenze, fuori da questo reality squallido in cui ci costringono a recitare come partecipanti di un globale Grande Fratello”.