"Quest’opera si colloca lo scontro di due comunità". Così Emma Dante, chiamata a firmare la regia della nuova produzione dei verdiani Les Vepres Siciliennes che apre la stagione 2022 del Teatro Massimo di Palermo, inizia a spiegare la sua visione nell'affrontare uno dei capolavori patriottici e di spirito risorgimentale del Maestro bussetiano. “Nel libretto di Verdi sono due popoli diversi - continua la regista palermitana - da una parte gli oppressori, francesi e dall’altra i siciliani. Oggi l’oppressione invece è legata alla malavita, alle associazioni a delinquere, al mondo del crimine organizzato, che a Palermo si incarna nella mafia; un’oppressione che pesa sul popolo e gli toglie la sua libertà, con l’atteggiamento mafioso degli oppressori".
La Dante quindi porta sulla scena una Palermo di oggi che però continua ad essere "oppressa": “Et toi, Palerme, ô beauté qu’on outrage… lève ton front courbé sous l’esclavage, et redeviens la reine des Cités!” (“O tu, Palermo, terra adorata … alza la fronte tanto oltraggiata, il tuo ripiglia primier splendor!” nella versione italiana) canta uno dei personaggi principali dell’opera, il leggendario cospiratore Giovanni da Procida, a richiamare una condizione di allora e purtroppo ancora attuale. "In scena - continua la Dante - a vessare il popolo siciliano non c’è un esercito nemico, ma i membri di una cosca mafiosa". Sì una cosca mafiosa perchè questa apertura del Teatro Massimo è dedicata al trentennale delle stragi di mafia e al venticinquennale della riapertura del Teatro. "Nella ricorrenza - dice ancora Emma Dante - abbiamo voluto portare questa commemorazione anche in scena, per cui ci saranno i ritratti di tutti: uomini e donne delle scorte, rappresentanti delle istituzioni, magistrati, agenti delle forze di polizia, sindacalisti e semplici cittadini, tutti colpevoli di essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato e di essersi opposti alla mafia. La scena della sfilata dei gonfaloni con i loro volti racconta l’anima di questa messinscena”.
[gallery ids="316937,316938,316939,316940,316941,316942,316943,316944,316945,316946,316947,316948,316949,316950,316951,316952"]
Una lettura che rievoca inesorabilmente scenari di secoli passati che continuano a pesare sulla terra di Sicilia come un macigno da cui il popolo di questa terra non riesce a liberarsi. L’opera, che vede impegnati in scena Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro e gli Attori della Compagnia Sud Costa Occidentale, è proposta per la prima volta a Palermo nella versione originale francese in cinque atti con i ballabili, nel nuovo allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Real di Madrid. Scritta da Verdi per l’Opéra di Parigi nel 1855, su libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier, Les vêpres siciliennes racconta l’insurrezione del popolo palermitano che nel 1282 esplode a Palermo contro gli Angioini, oppressori dell’isola. E nella messinscena odierna, secondo Emma Dante e Omer Meir Wellber, è la Palermo di oggi a fare da sfondo alla storia di oppressione e di rivolta messa in musica da Verdi. Il lavoro fatto da Wellber sui ballabili, la danza delle Quattro stagioni, anziché eseguiti insieme nel terzo atto vengono distribuiti nel corso dell’azione, vuole proprio creare "qualche accento drammaturgico importante che la regia affida agli attori o ai danzatori, facendone spazi in cui si possa sviluppare o approfondire un’idea. Ognuna di queste danze - spiega il direttore musicale - viene suonata in un momento diverso e anche con orchestrazioni diverse e il risultato è un impatto molto nuovo”.
“Credo che il nostro ruolo - continua Meir Wellber - nel mondo moderno dell’opera sia quello di prendere i testi importanti dei grandi compositori e, rispettandoli, trovare sempre una contestualizzazione creativa, interessante, con una interpretazione musicale che si sviluppa insieme alle idee registiche" Motivo per cui in scena per l’Autunno, nel primo atto, ci sarà una street band dal suono molto siciliano, composta da fisarmonica, clarinetto e contrabbasso, mentre l’Estate, nel terzo atto, verrà eseguita esattamente nel punto e nel modo in cui è scritta in partitura. "Questo spettacolo - chiude il direttore d'orchestra - mostra come le scelte musicali e registiche vadano di pari passo nel creare un nuovo mondo, pur rispettando il testo originale”. Per Marco Betta, da pochi giorni alla guida del Teatro di piazza Verdi nella veste di sovrintendente e direttore artistico, "L’intera stagione rispecchia una tensione al ricordo e alla memoria, in primo luogo del trentennale delle stragi mafiose del 1992. Quegli eventi drammatici che segnarono profondamente la città e il Paese, innescarono la reazione e la partecipazione della società civile che contribuì alla riapertura del Massimo. E celebriamo anche i venticinque anni dalla riapertura del Teatro, abbandonato per anni all’incuria e al degrado, vogliamo fare memoria anche di questo perché non debba mai più riaccadere".
Una inaugurazione all'insegna di corsi e ricorsi storici, dove passato e presente si fondono a disegnare uno spazio mentale oltre che fisico. Uno spazio scenico dove le scenografie firmate da Carmine Maringola riproducono luoghi e monumenti cari ai palermitani, mentre il popolo vive attraverso i costumi di Vanessa Sannino, i movimenti scenici di Sandro Maria Campagna, mentre coreografie curate da Manuela Lo Sicco, e il light design da Cristian Zucaro. Il cast conta su un gruppo di giovani e già affermate stelle del canto, che a Palermo debuttano nel ruolo. A partire dai protagonisti Selene Zanetti, nella parte della duchessa Hélène; Leonardo Caimi in quella di Henri; Mattia Olivieri è il tiranno/boss Guy de Montfort (20, 23, 26); Carlotta Vichi è Ninetta, mentre il basso uruguayano Erwin Schrott, di ritorno al Teatro Massimo dopo il clamoroso successo del concerto di Capodanno, interpreta solo nella serata inaugurale il cospiratore Jean Procida (20). Nelle stesse parti saranno impegnati per le recite del 22 e del 25 gennaio Maritina Tampakopoulos, Giulio Pelligra, Gezim Mishketa, Luca Tittoto e Fabrizio Beggi. Completano il cast Pietro Luppina (Mainfroid), Matteo Mezzaro (Thibault), Francesco Pittari (Danieli), Alessio Verna (Robert), Gabriele Sagona (Le comte de Vaudemont) e Ugo Guagliardo e Andrea Pellegrini (Le sire de Béthune).